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Martedì 01 Novembre 2011
Le piccole imprese
vogliono essere ascoltate
Cesare Fumagalli, segretario generale di Confartigianato, ribadisce la necessità di una politica che non ignori il mondo degli artigiani e in genere delle piccole imprese.
LECCO - Gli artigiani vogliono essere ascoltati. Non sembra esserci sontonia tra le piccole imprese e il mondo della politica, che è tarata sulle esigenze delle poche, ormai residuali grandi imprese. A ribadirlo, Cesare Fumagalli, segretario generale di Confartigianato, un'associazione che riunisce 521mila piccole imprese (a Lecco sono più di cinquemila).
«Siamo il paese dell'Ocse - spiega Fumagalli - con il più alto numero di piccole imprese. Un peso che non è solo numerico ma anche di contributo alla formazione del Pil».
Per cercare di dare più forza alla rappresentanza delle piccole ditte, Confartigianato, Casartigianato, Confcommercio, Cna e Confesercenti nel 2010 si sono riunite in Rete imprese Italia: «Da quando ci siamo aggregati partecipiamo alle riunioni tra governo e parti sociali con un ruolo diverso, abbiamo riempito quello spazio che c'era tra Confindustria e i sindacati».
Giovedì potrebbe arrivare un risultato significativo: l'approvazione dello Statuto delle imprese «Che contiene norme di principio - spiega Fumagalli - ma che possono essere di immediata applicazione. Come ad esempio il principio di proporzionalità, secondo il quale le normative dovranno essere modulate sulla base della dimensione d'azienda. Inoltre- continua Fumagalli - lo Statuto introdurrà la redazione di un rapporto annuale sullo stato delle piccole aziende che costituirà la base di una sessione parlamentare annuale sulle ditte di minore dimensione».
Una piccola rivoluzione per il mondo dell'artigianato e delle piccole aziende che, in questa fase più che in altre, sono schiacciate dallo strapotere dell'economia di carta, da una finanza ormai diventata onnipotente. La "main street", l'economia reale, dovrebbe riprendere nel mondo il suo ruolo.
Intanto, in Italia i vasi comunicanti tra finanza ed economia reale rischiano di trasmettere il virus di un credit crunch che bloccherebbe l'attività di tante piccole aziende: il denaro è più caro e più difficile da ottenere in prestito.
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