Con la partecipazione dei sindaci leghisti alla marcia contro il governo Berlusconi - Bossi si è raggiunto l'apice dell'assurdo. Il sindaco Fontana è quotidianamente in tete-a-tete con il ministro Maroni e con il leader massimo del suo partito: non potrebbe suggerire a loro le riforme, anziché scendere in piazza? Se è giusta e opportuna la protesta delle opposizioni democratiche contro un governo che da un lato ha aumentato le tasse e dall'altro ha tagliato i servizi, il tentativo leghista di tenere il piede in due scarpe appare penoso. Solo un elettorato di bocca buona può accettare queste evidenti contraddizioni. Il partito di Bossi, grazie alla sua rendita di posizione, ha fino ad oggi fatto fare al governo tutto quello che ha voluto, ovvero gli interessi del cavaliere insieme a quelli funzionali al disegno della Lega. Oggi, quando i nodi vengono al pettine, si ricuce maldestramente una verginità. Ma il paese è ormai ridotto a un tale livello di supina accettazione da non accorgersene. Povera Italia.
Antonio Rubino
Credo che Fontana, quando s'incontra con Maroni e Bossi, faccia presente i problemi del Comune di Varese. E che Maroni e Bossi convengano sulla giusta causa sostenuta da Fontana. E che tutt'e tre facciano poi la parte che gli compete di fare per arrivare a capo delle questioni. Un ministro può influire a Roma sulle decisioni del governo Berlusconi, un sindaco può influire a Varese e nelle periferie lombarde sulle azioni da intraprendere con i suoi colleghi. Se ciascuno riesce a ottenere qualcosa, è possibile (forse anche probabile) che la situazioni migliori. C'è contraddizione nel diverso atteggiarsi dei leghisti, che a livello centrale partecipano a decisioni contestate nelle periferie? C'è dialettica istituzionale. C'è chi fa la parte del sindaco e chi del ministro, chi risponde prima di tutto alle necessità dei suoi amministrati in loco e chi deve prima di tutto obbedire al dettato europeo sulla politica economica dei governi. E' possibile (forse anche probabile) che se i sindaci - di destra e di sinistra - si alleano nel protestare, il governo possa trarre forza dalle loro contestazioni e risultare meno debole agli occhi dell'Europa chiedendo deroghe al patto di stabilità, quello che vieta ai Comuni virtuosi di spendere ciò che potrebbero. Tutto questo si chiama pragmatismo. Può piacere o non piacere, ma quando i nodi vengono al pettine bisogna sciogliere i nodi e non buttare via il pettine. La trasversalità del riformismo di cui tanto si parla è anche questo. Forse soprattutto questo. Il primo a riconoscerlo è Bersani, non Fontana, Maroni e Bossi.
Max Lodi
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