Lecco. Tessile giù
Ma l’arredo resiste bene
Sergio Arcioni, presidente di categoria: «Il settore è in profonda crisi, occupazione in pericolo. Via l’Imu sui capannoni»
La produzione industriale e artigiana del settore tessile lariano soffre da tempo e nell’anno del Covid ha visto ulteriore perdita di imprese e posti di lavoro, oltre a una crescita impressionante di ore autorizzate di cassa integrazione, come mostrano i dati diffusi ieri dal settore Studi e Statistica della Camera di Commercio di Como-Lecco.
È recente la riunione organizzata dall’ente nelle scorse settimane, quando sono state chiamate a raccolta tutte le rappresentanze per mettere a punto interventi di sostegno al settore e tracciare nuove strade per ridare competitività e sviluppo futuro.
Difficoltà pregresse e, nell’emergenza attuale, gli effetti del Covid preoccupano la filiera lecchese del settore, che lavora soprattutto per l’arredo e per applicazioni industriali della produzione tessile. Sergio Arcioni, industriale tessile e rappresentante della categoria in Confindustria Lecco Sondrio, ricorda che è in atto «un andamento ben documentato dal nuovo report camerale (articolo a lato, nda), e che di recente abbiamo riscontrato anche nel confronto fra imprese del settore fra Como, Lecco e Bergamo. Il calo – aggiunge Arcioni – è generale ma più concentrato nel tessile per abbigliamento, che soffre particolarmente per la concorrenza orientale».
Arcioni ricorda che va meglio nel tessile per l’arredo forse anche grazie alle agevolazioni fiscali sulle ristrutturazioni edilizie che stanno dando impulso complessivamente al settore casa, e forse anche «a causa del Covid – osserva Arcioni – che costringendo le persone in casa le induce a rivedere la possibilità di fare spese per l’arredo rimaste magari a lungo in standby».
Fra le produzioni la maglieria soffre un po’ meno, perché si presta di più ad acquisti online, mentre gli accessori soffrono tantissimo. In definitiva – sottolinea Arcioni – il settore è in profonda crisi. Tengo molto a dire che ci sono aspetti importantissimi di competitività, fra cui l’economia circolare, la tracciabilità dei prodotti, gli investimenti tecnologici 4.0, il rispetto dell’ambiente e le relative certificazioni: tutte cose che un imprenditore dovrebbe senza dubbio fare, ma ora le aziende hanno l’emergenza e la priorità di riuscire a tenere aperte le attività.
In questo momento – aggiunge – mi risulta davvero difficile dire a un nostro associato di investire nell’economia circolare quando ha il problema di portare a casa il filo e il tessuto per far andare le macchine e conservare i posti di lavoro». In proposito, in un settore dove la stragrande maggioranza è dato da lavoratrici, Arcioni mette un punto sul sostegno per agevolare le imprese in difficoltà a mantenere l’occupazione femminile:
«Sentiamo dire che le donne sono quelle che stanno pagando il maggior prezzo in termini di perdita di posti per la crisi Covid, ma vorrei davvero vedere più incentivi per le assunzioni di donne e più agevolazioni per le aziende che, come quelle tessili, occupano soprattutto donne. Dobbiamo mettere in sicurezza la perdita dei posti di lavoro, poi potremo dar corso a tutto il resto. È il momento di sostenere aziende come le nostre anche con liquidità che abbia tempi di rientro più lunghi dei sei anni del Decreto Salva Italia, oltre che togliendo subito la tassa più iniqua, l’Imu sui capannoni».
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