Lecco: spacciava coca
Condannato a 5 anni

E' stato condannato dal giudice Gianmarco De Vincenzi alla pena esemplare di cinque anni di reclusione per spaccio di cocaina. Suo malgrado è finito nei guai per le dichiarazioni di due “collaboratori di giustizia” che hanno contribuito a fare luce sui traffici di droga di alcuni indagati di spicco del ramo lariano della 'ndrangheta.

g.morassi

LECCO - Con un passato anche di agente di polizia con dimissioni che decise di dare in tempi non sospetti, il 53enne Carmine Aceto è stato condannato dal giudice Gianmarco De Vincenzi alla pena esemplare di cinque anni di reclusione per spaccio di cocaina. Suo malgrado è finito nei guai per le dichiarazioni di due “collaboratori di giustizia” che hanno contribuito a fare luce sui traffici di droga di alcuni indagati di spicco del ramo lariano della 'ndrangheta, con capo indiscusso, anche dal carcere, il boss Franco Trovato già Coco. Davanti al giudice dell'udienza preliminare Gianmarco De Vincenzi è stato tradotto dagli agenti penitenziari del carcere del Bassone di Como il 53enne, accusato di avere fornito dosi di cocaina ai “clienti” di Lecco e hinterland dal pm Rosa Valotta, da pusher dello spaccio, in base anche a quanto emerso in diverse telefonate intercettate. Su consiglio del difensore di fiducia avvocato Luigi Rizzi l'accusato, arrestato dagli agenti della squadra mobile del capoluogo lo scorso dicembre in un blitz fuori territorio, ha chiesto il processo con rito abbreviato per ottenere lo sconto di terzo di pena del rito alternativo. Nel concludere la requisitoria il pm Valotta ha proposta al gup De Vincenzi la pesante condanna a sette anni di reclusione, oltre la multa. Nell'arringa difensiva l'avvocato Rizzi ha sottolineato la mancanza di riscontri oggettivi alle dichiarazioni dei due “pentiti”, citati negli atti, e di debolezza probatoria delle telefonate. Nelle indagini non risulta che l'imputato sia stato sorpreso concretamente “al lavoro” di spacciare le dosi. In quelle telefonate si parla infatti di quattro dosi di “bianca signora” da consegnare agli “sniffatori”. Ma probabilmente i rapporti di amicizia o frequentazione con alcuni inquisiti in due blitz anti ‘ndrangheta sono stati considerati di rilievo per irrogare tale condanna a cinque anni. Il giudice De Vincenzi si è riservato novanta giorni per depositare le motivazioni. “E' scontato il nostro appello. Mi sono trovato di fronte ad accuse non provate da indagini adeguate”, ha spiegato l'avvocato Rizzi, dopo avere riferito quanto successo in aula, a porte chiuse, al fratello, ad una sorella e a un figlio del detenuto.

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Giovedì 09 Giugno 2011

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