Cronaca / Lecco città
Martedì 07 Giugno 2016
Lecco. «Contratti?
Conserviamo i due livelli»
Pirelli (Cgil) difende l’attuale modello: «Non c’è contrapposizione tra accordi nazionali e aziendali». Alcuni economisti auspicano un cambiamento che rifletta il diverso potere d’acquisto dei salari al nord e al sud
«Non è vero che oggi gli stipendi dei metalmeccanici sono uguali a Lecco e a Palermo». Lo specifica Wolfango Pirelli, segretario della Cgil di Lecco.
Continua il sindacalista: «Qui facciamo contratti aziendali ricchi e possiamo citare diverse aziende che producendo ricchezza la redistribuiscono. Perciò – aggiunge Pirelli – la contrattazione aziendale non va vista in contrapposizione a quella nazionale, altrimenti ad uscirne ulteriormente indebolite sono le zone già più povere».
Alla vigilia dell’incontro fra i sindacati e il Governo in quella che il ministro del Lavoro Giuliano Poletti annuncia come una nuova apertura di dialogo, arriva dal segretario generale della Cgil provinciale Wolfango Pirelli una critica allo studio presentato in questi giorni al festival dell’economia di Trento da Andrea Ichino (European university institute di Firenze), Tito Boeri (presidente dell’Inps e docente in università Bocconi) ed Enrico Moretti (università di Berkeley) su “Divari territoriali e contrattazione: quando l’uguale diventa diseguale”.
Se ne esce, secondo gli autori, mandando in soffitta gli accordi nazionali per fare spazio alla contrattazione aziendale. In sostanza lo studio lega le differenze territoriali, la contrattazione e il potere d’acquisto e afferma che la contrattazione nazionale è un fattore solo apparente di uguaglianza, mentre in realtà produce diseguaglianza dato che i salari nominali sono stabiliti uguali per tutti senza tener conto della produttività del lavoro, molto diversa fra Nord e Sud Italia, così come, è stato sottolineato da Ichino, fra Ovest e Est della Germania. Un’uguaglianza apparente smentita dal potere d’acquisto reale, con un Sud avvantaggiato dai prezzi più bassi che vince con un + 12% sul lavoratore del Nord.
Alla presentazione del rapporto Ichino ha aggiunto che «i costi di produzione di un’azienda sono maggiori a Sud che a Nord. Ciò si traduce in tassi di disoccupazione molto più alti al Sud, ma a fronte di un costo della vita considerevolmente più basso a Sud. Quindi, il salario reale al Nord è molto più basso che a Sud».
Ciò al contrario di quel che è accaduto in Germania dove «si è capito molto presto dopo l’unificazione che l’uguaglianza nominale dei salari non andava molto bene».
«L’indagine non considera – afferma Pirelli – che al Nord è concentrata gran parte della contrattazione aziendale, che non va disgiunta da quella nazionale e che determina differenza salariale fra Nord e Sud. Il contratto nazionale dei metalmeccanici è bloccato perché dove, come vorrebbe Federmeccanica, il processo di aumenti salariali dovesse assorbire i benefici avuti con la contrattazione aziendale, gli aumenti riguarderebbero solo il 5% dei lavoratori. In realtà – aggiunge Pirelli – il prezzo dell’appiattimento dei salari si paga nel pubblico impiego dove non c’è contratto di secondo livello e nei settori dove non c’è stato in questi anni rinnovo di contratto nazionale in grado di consegnare risorse aggiuntive ai diversi territori».
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