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Martedì 18 Ottobre 2011
Lecco: chi esporta
si salva dalla crisi
Siamo dentro un quadro economico dominato dal grigio, con conseguenze sulle aspettive degli imprenditori, sui livelli occupazionali che non crescono, sulla ricchezza prodotta che resta stagnante. In questo contesto però ci sono pure segnali positivi e incoraggianti, perché ci sono imprese che continuano ad avere un portafoglio ordini pieno, che crescono sui mercati esteri, che hanno in programma di allargare gli organici.
Siamo dentro un quadro economico dominato dal grigio, con conseguenze sulle aspettive degli imprenditori che, in genere, sono piuttosto preoccupati, sui livelli occupazionali che non crescono, sulla ricchezza prodotta che resta stagnante. Insomma, non c'è da stare allegri. In questo contesto però ci sono pure segnali positivi e incoraggianti, perché ci sono imprese che continuano ad avere un portafoglio ordini pieno, che crescono sui mercati esteri, che hanno in programma di allargare gli organici. In sintesi, sono aziende che vanno bene, immerse in un tessuto economico, quello lecchese, caratterizzato da una forte connotazione manifatturiera, che concorre al Pil provinciale con il 44,6%, e da un'accentuata propensione all'export (32% del Pil, contro una media nazionale del 21%) che ha aiutato ad uscire prima dalla recessione. Non va comunque dimenticato che gli scenari cambiano di continuo e con rapidità crescente: è un momento dominato dalla complessità. Inoltre, le imprese operano in più sotto-mercati che possono avere andamenti difformi. Una prima separazione è tra il mercato italiano che è fermo, e quello estero: i paesi emergenti continuano a crescere (anche con percentuali a doppia cifra), si pensi alle economie di Brasile, Cina, India, Turchia, Sud Africa, o anche - più vincino a noi - della Germania.
«Diciamo - nota Giovanni Maggi, presidente di Confindustria Lecco - che il quadro economico è difficile. E in tale contesto, il tessuto imprenditoriale lecchese resta forte. Poi ci sono le eccezioni in positivo e in negativo».
Da numero uno di via Caprera, Maggi visita molte imprese e quindi ha la possibilità di fiutare l'aria e di confrontarsi con le aspettative degli imprenditori. «Di recente ho incontrato alcuni associati che lavorano per il settore oil & gas. Sono imprese che sono all'avanguardia dal punto di vista tecnologico e che hanno conquistato una leadership sui rispettivi mercati. Queste sono realtà in salute e che hanno una prospettiva di crescita». Nel Lecchese le aziende che hanno come clienti le compagnie petrolifere producono flange, pompe e valvole, operano in nicchie che richiedono capacità tecnologica e innovativa e che, in questa fase, garantiscono buone prospettive di crescita.
«In genere - continua Maggi - possiamo dire che tante medie imprese lecchesi nel corso degli anni hanno saputo consolidare una presenza sui mercati esteri, soprattutto nelle economie emergenti. Sono realtà che la crisi o non l'hanno sentita o l'hanno sentita meno di altri». Poi anche nel Lecchese ci sono situazioni di difficoltà: «Sul mercato domestico - spiega Maggi - la domanda è stagnante se non in calo. Quindi, le imprese che non esportano sono in sofferenza, come le sono tutte le realtà imprenditoriali che operano nella filiera dell'edilizia che forse è il settore più colpito dalla crisi».
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