Lecco. Aree vaste
Due soluzioni vantaggiose
Se n’è parlato alla Giornata dell’economia: per molti le ipotesi sul tavolo si equivalgono: con Como e Monza o con Como e Varese «prenderebbe forma una realtà di assoluta rilevanza nazionale»
Quale peso potrà avere Lecco a livello regionale e nazionale dopo l’aggregazione che darà al territorio nuovi e più ampi confini?
È anche a questo interrogativo che, in occasione della Giornata dell’economia, Camera di Commercio e Gruppo Clas hanno cercato di rispondere andando a considerare una serie di ambiti diversi. Da quello squisitamente numerico relativo ai residenti fino a quello relativo al valore aggiunto e al numero delle imprese da mettere a sistema, gli scenari prospettati dall’accorpamento con Monza e Como piuttosto che con Como e Varese.
In entrambi i casi, infatti, prenderebbero forma «realtà di assoluta rilevanza a livello nazionale, inserendosi sistematicamente nella aree “top ten” e in molti casi fra le prime cinque», come ha sottolineato Gianni Menicatti (Gruppo Clas) esponendo alcune cifre insieme a Daniele Rusconi (Camera di commercio).
In base alle ipotesi elaborate, le due nuove aggregazioni territoriali sarebbero entrambe al 6° posto in Italia per dimensione demografica, con oltre 1,8 milioni di abitanti (1,83 con Como e Varese, 1,805 con Como e Monza). Al momento, con i nostri 340mila residenti, siamo sessantaduesimi. Anche se la fusione fosse a due, però, la prospettiva sarebbe interessante: saremmo quattordicesimi con Monza (1,205 milioni) e ventunesimi con Como (940mila).
Per quanto riguarda invece il valore aggiunto, ci si piazzerebbe addirittura al 5° posto, dietro soltanto a quattro aree metropolitane (Milano, Roma, Torino e Napoli) in entrambi gli scenari a tre, con un totale simile di circa 46 miliardi di euro. L’accorpamento con la sola Brianza riserverebbe comunque soddisfazioni, vista la decima posizione garantita dai 31 miliardi di valore aggiunto (8,6 quelli della sola Lecco, 48esima). La fusione con Como, invece, “renderebbe” meno sotto questo punto di vista, ma ci lascerebbe comunque entro le prime venti piazze (23,5 miliardi, diciassettesimi).
In questo senso, il peso dell’industria sarebbe proporzionalmente ancora più rilevante, considerato il fatto che poca differenza farebbe unirsi con Varese piuttosto che con Monza (oltre che con i “cugini”): secondi a livello nazionale, con un valore aggiunto di quasi 13 miliardi secondo solo al comprensorio metropolitano di Milano. Secondo posto anche per numero di occupati nel settore manifatturiero e delle costruzioni
Degne di nota sarebbero però pure le aggregazioni a due: settimi con Monza (9,3 miliardi complessivi) e undicesimi con Como (6,6).
«Per numero di occupati in complesso, sia l’area LC-CO-MB che LC-CO-VA rappresenterebbe la 5° realtà territoriale a livello nazionale (concentrando il 18% degli occupati in Lombardia) – hanno rimarcato gli estensori dell’analisi -, ma salirebbero di una posizione (4° posto) per valore delle esportazioni (con un quoziente di specializzazione superiore all’1,50%, vale a dire un peso delle esportazioni 1,5 volte superiore alla media nazionale), precedute solo dall’aggregazione Reggio Emilia-Modena, da Torino e da Milano-Lodi (più eventualmente Monza)».
Come “caso di studio” si è valutata, voce per voce, anche la possibilità di un’aggregazione con Como e Sondrio, che in linea generale non sposta molto gli equilibri rispetto a un accorpamento con solo i due rami del Lario. In ogni caso, l’orientamento della Regione è garantire a Sondrio una particolare autonomia.
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