Cronaca / Lecco città
Martedì 07 Febbraio 2017
Lecco. Al lavoro da 40 anni
Un esercito di 8500 unità
Per loro la pensione rimane ancora lontana, ma con l’ultima legge di Bilancio si è aperto uno spiraglio che interessa la fascia più svantaggiata
A Lecco i lavoratori “precoci” attivi alla data di gennaio 2017 sono 8.576. Fra loro c’è chi ha versato contributi per 40 anni (4.369), per 41 anni (2.754) e per 42 (1.453). Quasi la metà di loro (4.484) sono lavoratori dipendenti del privato e per il resto si tratta di lavoratori autonomi (2.590), di lavoratori pubblici (1.255) e di iscritti alla gestione separata (247).
In gran parte si tratta di uomini, che sono circa 2.200 fra gli autonomi e 3.500 fra i dipendenti, in un quadro regionale lombardo che complessivamente somma 225.825 precoci.
I dati sono pubblicati fra gli atti della Camera e sono stati forniti dal ministero del Welfare in questi giorni a seguito di un’interrogazione parlamentare presentata dal Movimento Cinque Stelle lo scorso novembre per conoscere l’impatto del fenomeno nelle province lombarde.
Sono numeri che pesano, anche nella quota che riguarda i dipendenti, e che oltre ad ritardare l’accesso alla pensione per chi ha fatto la propria parte lavorando per una vita ostacolano anche quel ricambio generazionale che oggi inchioda i giovani a una disoccupazione del 40%.
I numeri lecchesi riguardano soprattutto lavoratori del metalmeccanico e del commercio, che hanno iniziato a lavorare molto presto, finita la scuola dell’obbligo o poco dopo e che oggi, più o meno sessantenni e avendo superato i 40 anni di contributi vorrebbero andare in pensione ma non possono farlo, perché devono aspettare di avere i 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 e 10 mesi per le donne, con soglia anagrafica fissata a 62 anni, previsti dalle regole della nuova pensione anticipata che per effetto della riforma Fornero nel 2012 ha sostituito la pensione di anzianità.
Per i precoci dunque non c’è stata attenzione nella riforma Fornero, mentre un parziale tentativo di migliorare le cose, ma solo per alcuni di loro, è arrivato solo di recente.
La legge di Bilancio per il 2017 prevede infatti che i “precoci”, formalmente tali se hanno 12 mesi di contribuzione per lavoro effettivo prima del raggiungimento del 19mo anno di età, possano accedere al pensionamento anticipato con un requisito contributivo di 41 anni purché si trovino in una delle seguenti condizioni: siano disoccupati e abbiamo concluso da almeno tre mesi la prestazione sociale per la disoccupazione; assistano da almeno 6 mesi il coniuge o un parente di primo grado con handicap grave; abbiano un’invalidità civile almeno del 74%; siano lavoratori dipendenti impegnati da almeno sei anni in lavori particolarmente pesanti.
È “l’Ape social”, che permette una fuoriuscita anticipata dal lavoro senza penalizzazioni e che per un attimo nei giorni scorsi secondo indiscrezioni è sembrata essere sacrificabile per colmare in parte i 3,4 miliardi di nuova manovra che l’Europa sta chiedendo all’Italia per far quadrare i conti. A far rientrare l’allarme è stato il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, che ha rassicurato affermando che l’Ape social partirà a maggio, fatti salvi i necessari decreti attuativi che ancora non ci sono.
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