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Giovedì 25 Aprile 2013
Lecco e il 25 aprile
Celebrazione sobria
Le incognite politiche pesano sulle manifestazioni per l'anniversario della Liberazione
La cronaca su La Provincia di Lecco del 26 aprile
Ecco il discorso integrale del sindaco Virginio Brivio
Carissime cittadine, carissimi cittadini,
autorità civili, religiose e militari presenti,
a tutti voi un caloroso saluto e un ringraziamento per essere qui, a testimoniare - con la vostra presenza - l'importanza e anche l'eccezionalità di questo 25 aprile, Festa della Liberazione, che celebriamo in un momento particolarmente delicato per tutti noi e per il nostro Paese.
L'Italia sta cercando di uscire, non senza fatiche e contraddizioni, da un grave momento di stallo, che genera ansie e preoccupazioni tra i cittadini, disillusi dalle Istituzioni democratiche, la quali appaiono così inadeguate e incapaci di fornire risposte concrete ai problemi reali delle persone e delle comunità locali.
Un senso generale di sfiducia che sembra investire tutta la politica, segnata da “contrapposizioni, lentezze, esitazioni circa le scelte da compiere, calcoli di convenienza, tatticismi e strumentalismi”, come ha chiaramente e duramente richiamato nel suo discorso di giuramento il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, al quale anche la città di Lecco esprime, con affetto vero, gratitudine e riconoscenza per l'alto senso di responsabilità - e sacrificio anche personale – con il quale ha accettato di servire nuovamente il Paese in un momento di grande disorientamento.
Un 25 aprile particolare – dicevo – che pone interrogativi sul senso stesso di questa festa e sul suo significato attuale. Ha ancora senso festeggiare la Liberazione, i fatti storici e le persone che hanno consentito di conseguirla, in un Paese che oggi sembra aver smarrito ogni capacità di stare insieme, di affrontare i problemi, di costruire un futuro?
Cosa penserebbero oggi i giovani di allora (ne ricordo uno su tutti,Alberto Picco,al quale si richiama un'importante società sportiva della Città) che - con scelte radicali e gesti eroici - resero possibile, quasi settant'anni fa, il 25 aprile, se vedessero a quale punto di smarrimento e incertezze abbiamo portato questa nostra Italia?
Sarebbero anche loro presi dalla sconforto, come i nostri giovani italiani, che un recente studio internazionale indica come i più pessimisti al mondo rispetto al proprio avvenire, incapaci di credere nella costruzione di un progetto di vita soddisfacente e appagante ?
Proprio da questa delusione, credo, si debba ripartire per dare un senso nuovo e attuale alla Liberazione. Ne abbiamo bisogno. Avvertiamo urgente la necessità, mi permetto di dire una necessità “quasi fisica”, di una nuova Liberazione, della capacità di questo Paese di ritrovare la forze e le energie per una nuova rinascita, accompagnata dalla comune convinzione che si tratti di una strada obbligata da percorrere, senza la quale non sarà possibile salvare l'Italia e il nostro domani.
È questa – credo - la pulsione che in molte occasioni si traduce nella continua e pressante richiesta di “cambiamento” da parte dei cittadini.
Senza cambiamento non ci sarà futuro e, forse, neanche il passato che oggi siamo qui a celebrare.
Come possiamo, infatti, pensare che i nostri ragazzi si appassionino e facciano memoria di una storia che non hanno vissuto e che ha prodotto, ai loro occhi, un presente vuoto e senza prospettive?
Ripartiamo da qui, dunque, da questa giornata, mostrando ai giovani come i nostri Padri, quando erano loro coetanei, seppero lottare, dinanzi all'orrore del nazi-fascismo, per difendere non solo il proprio presente, ma anche e soprattutto il proprio “diritto al futuro”.
Aiutiamoli a rifiutare l'immagine di una generazione sconfitta, in balia di un senso d'impotenza e disillusione. Facciamolo mostrando - nei fatti- che valgono molto più di quanto spesso si pensi: è meraviglioso vedere i nostri ragazzi risvegliarsi, riprendere fiducia in se stessi, sentirli esprimere i propri desideri e i sogni più profondi.
Solo a questo punto - io credo – potremo rievocare davvero la memoria della Liberazione, collegandola efficacemente alla necessità di ri-costruire un Paese più giusto attraverso la volontà di mettersi in gioco.
Lo dico a noi stessi e soprattutto ai nostri ragazzi, utilizzando la bella esortazione di Antonio Gramsci: “Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il vostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la vostra forza. Studiate, perché avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza".
Il sacrificio e l'impegno, ancora oggi come allora, devono diventare parte fondamentale della vita e devono essere incoraggiati. I giovani devono riprendersi il loro futuro, anche mettendo in discussione fortemente, criticando e stravolgendo quello che – in maniera inadeguata – le nostre generazioni hanno fatto fino a qui.
Abbiamo bisogno, insieme ai nostri figli, di ricostruire un Paese altrimenti e sempre più destinato allo sbando.
Sappiamo poi che questo impegno deve racchiudere in sé un binomio inscindibile: la libertà e la giustizia sociale. Non può esserci, infatti, libertà senza una società più giusta e non si avrà mai vera giustizia senza una società che garantisce la libertà di ciascuno. Oggi questi due temi chiedono una declinazione precisa sul tema del lavoro,che spesso c'è ma è insicuro e genera precarietà , o spesso non c'è e genera problemi personali e collettivi spesso drammatici .
Ma un lavoro che chiede anche di essere ri-cercato su nuove frontiere ,che aggiornino anche da noi una gloriosa tradizione manifatturiera che non va solo declamata ma aggiornata . In questo senso un bel segno di speranza è l'inaugurazione avvenuta pochi mesi fa del nuovo Campus universitario di Lecco ,laboratorio di formazione,ricerca e innovazione che deve sempre più abituare la città ad allargare gli orizzonti.
Dobbiamo e vogliamo poter guardare fiduciosi a voi, cari ragazzi, e quindi anche al domani della nostra Lecco e dell'Italia intera. In voi possiamo trovare la forze e le motivazioni per un vero cambiamento.
A questo futuro, che dobbiamo costruire insieme, possiamo consegnare intatto il patrimonio storico, morale e umano della Liberazione, affinché venga custodito e tradotto in nuova speranza.
Nelle mani delle nostre ragazze e dei nostri ragazzi, che aspettano di essere schiuse, affidiamo le speranze di libertà e giustizia sociale, affinché sappiano fare meglio di quanto siamo stati in grado di fare noi.
Naturalmente, nessuno di noi intende sottrarsi al compito di fare la propria parte, qui e oggi, anche nel rispetto dei ruoli istituzionali che in questo momento siamo chiamati a ricoprire.
Sentiamo tutti forte l'urgenza di dare un nuovo senso e uno scopo rinnovato all'azione politica e ammnistrativa, per contrastare fin da ora un sistema basato sull'esaltazione di particolarismi e dell'individualismo. Vogliamo e dobbiamo perseguire la strada del rigore, dell'efficienza e della serietà, cioè tutto il contrario di ciò che abbiamo conosciuto e visto finora e che ha portato l'Italia alla grave crisi, i cui danni si sono accumulati per troppo tempo e che oggi si manifestano in tutta la loro drammatica portata.
Rigore e serietà, dunque, ma anche speranza come condizione necessaria per avviare da subito il cambiamento, come occasione per uno sviluppo economico e solidale nuovo, come strumenti per un rigoroso risanamento e rinnovamento dello Stato, per un profondo riassetto della società, per la difesa e l'espansione dei diritti e della democrazia.
Festeggiamo dunque e Liberiamoci, sapendo che resistere significa oggi anche e soprattutto non cedere al pessimismo, all'egocentrismo, alla rassegnazione.
Viva il 25 Aprile, Viva la Liberazione, viva l'Italia.
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