
Cronaca / Lecco città
Mercoledì 15 Luglio 2020
«L’Ats con Monza penalizza Lecco
Serve il coraggio di tornare indietro»
Il caso Il sindacato attacca: «L’emergenza ha fatto esplodere tutti i limiti del sistema. Attese lunghissime per gli esami ma anche assistenza domiciliare che non ha funzionato»
Sciogliere l’Ats con Monza, Lecco torni a essere autonoma e indipendente nel governo del sistema socio-sanitario territoriale. E’ quanto chiede la Uil del Lario, dopo una serie di valutazioni sulla gestione della pandemia da Sars-CoV2.
«L’emergenza sanitaria coronavirus ha evidenziato tutti i limiti del sistema socio-sanitario e la carenza di un servizio di medicina territoriale, inadeguato ai bisogni dei cittadini lecchesi. Una inadeguatezza alla quale ha contribuito anche una dimensione territoriale dell’Ats Brianza troppo ampia, a seguito della riforma regionale avvenuta con la legge 23/2015 che ha accorpato le province di Lecco e Monza in un’unica Ats, sia per estensione chilometrica, tipologia orografia e numero di cittadini/utenti – spiega Massimo Coppia, segretario della Sanità della Uil Fpl -. Riteniamo che le Ats che includono aree vaste di competenza di più province denotino limiti nell’analisi, nella risposta e nel governo del bisogno socio-sanitario. Pertanto, è opportuno che sia ricostituita un’Ats con ambito territoriale riferito alla sola ed esclusiva provincia di Lecco, che si occupi della programmazione, della vigilanza e del controllo del servizio socio-sanitario e garantisca risorse economiche, finanziare e umane adeguate alle reali necessità».
L’idea di riorganizzazione e ridimensionamento degli ambiti territoriali delle Ats «è oggi condivisa anche da esponenti politici di maggioranza e minoranza del consiglio regionale, è infatti di questi giorni il dibattito, sulla sponda comasca, sulla possibilità di uno scorporo della provincia di Como dall’Ats Insubria – prosegue Coppia -. Certamente, non pensiamo che il solo ridimensionamento degli ambiti territoriali delle Ats possano colmare i limiti del sistema socio-sanitario lombardo, che è stato in questi anni impoverito di risorse economiche e professionalità: non è stato garantito il totale turn-over di medici, infermieri, tecnici della prevenzione, di laboratorio e di radiologia e personale amministrativo. Tutto ciò ha comportato lunghissimi tempi di attesa nei Ps e delle prestazioni sanitarie ambulatoriali».
Urgente
Per Coppia dunque «bisogna, urgentemente e profondamente, modificare la legge 23/2015, riconoscendo al territorio una forte valenza nella identificazione, nell’analisi, nella programmazione dei bisogni e nell’erogazione dei servizi socio-sanitari necessari e gli enti locali del territorio devono ricoprire un ruolo nevralgico a tutela della salute e benessere dei cittadini e dei lavoratori. Bisogna ammettere i propri errori, non è possibile raccontare che a Lecco e in tutta la regione quello che è avvenuto, durante l’emergenza sanitaria, era inevitabile, il rischio è non essere pronti a nuove complesse e difficili situazioni sanitarie. Il dramma delle numerose vite umane perse poteva avere una dimensione ancora più catastrofica ed è grazie al senso di responsabilità etica e professionale degli operatori sanitari se si è evitato il peggio: hanno lavorato sotto organico e spesso in assenza o con inadeguati dispositivi di protezione individuale. Più territorio, meno centralità, Lecco torni a tutelare i suoi cittadini».
Pareri opposti
E’ d’accordo con la proposta della Uil il consigliere regionale del Pd Raffaele Straniero: «Questa era la nostra proposta nel 2015, quando era in discussione la legge 23 – spiega l’ex sindaco di Oggiono -. Avevamo individuato un’azienda sanitaria territoriale per ogni provincia. Ovviamente è passata l’idea della maggioranza. Se questa proposta dovesse andare avanti, l’appoggeremmo sicuramente perché ricalca oggettivamente quanto era già stato studiato dal nostro partito». Di segno opposto il parere di Rita Pavan, segretario generale della Cisl Monza Lecco: «Non abbiamo ancora una posizione ufficiale - dice il segretario uscente - ma a fronte di una situazione ormai consolidata ci pare abbia poco senso tornare all’antico. Il problema vero è che non è stata completata la legge di riordino delle istituzioni, e questo comporta che manchi di fatto una governance territoriale omogenea. “Dividere” nuovamente l’Ats comporterebbe inoltre un ulteriore esborso di risorse. A nostro parere, i problemi socio-sanitari non si risolvono tornando a due Ats distinte».
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