Nella cartoleria dove compero il giornale c'è sempre stata la cassettina per le offerte ai bambini poveri dell'Africa, quasi sempre vuota, e un'altra per il canile. Il cartolaio mi dice con un sorriso: «La settimana prossima, dopo le elezioni, metto una terza cassettina per le offerte ai nostri politici, vedrai come piangeranno miseria per le spese sostenute in campagna elettorale!» Grande, anch'io offrirò una monetina.
Gianfranco Longhi
A proposito di campagna elettorale, di monete, dunque di rimborsi. Chi non intende votare per protesta, ritiene fra l'altro di punire i partiti limitando il rimborso che riceveranno: meno votanti, meno soldi. Che rivincita. Ma che errore. La nuova normativa ha innanzitutto ridotto il rimborso, indicando la cifra complessiva che i partiti in lizza si divideranno a elezioni concluse. Sono circa trentadue milioni, suddivisi tra Camera e Senato. L'affluenza alle urne non modificherà l'entità globale, che verrà assegnata a ciascuna forza politica secondo il consenso ricevuto. Viene perciò meno una delle ragioni della protesta che muove l'astensionismo. Non l'unica, naturalmente. E, anzi, quella meno importante. Però è il momento di riflettere con realismo se esercitare un proprio diritto o rifiutarne l'uso. Stavolta gli schieramenti in lizza non sono due come nel passato (centrosinistra e centrodestra, berlusconismo e antiberlusconismo), ma sono sei, con montiani e grillini in grado d'arrivare a un risultato a due cifre. L'offerta di governance è obiettivamente ricca, la domanda di governabilità altrettanto. Ad alcuni eletti forse gioverebbe il pauperismo elettorale, a molti elettori no. Anzi, a nessuno.
Max Lodi
Max Lodi
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