L’amara sorte del vecchio camino

Basta il costoso gas, d’inverno scuole, uffici pubblici, altri luoghi collettivi saranno disinvoltamente carezzati da un bel tepore grazie ai tronchi degli alberi ridotti a pezzettini per creare quella “biomassa” che arde allegramente dentro grandi stufe. Ormai è chiaro che molti governi di città e paesi sono orientati verso questo tipo di riscaldamento. Erba per esempio vi ha già messo orgogliosamente mano. “Biomassa” è anche l’insieme delle grandi quantità di sostanze organiche prodotte dagli armenti nelle stalle. Fermentando la “biomassa” animale si produce gas energetico.

A riscaldare le scuole e gli uffici non saranno però le mucche, ma il sacrificio di tanti alberi dei boschi che rallegrano da tempo immemorabile i nostri monti. Non è una novità il loro depauperamento, speriamo parziale e regolato dagli organismi che disciplinano il patrimonio forestale. Durante l’ultima guerra, me lo ricordo anch’io che son vecchio, che i monti erano più pelati. Ma c’era la guerra,

Comunque la deforestazione, lieve o pesante e distruttiva che sia, è sempre un brutto colpo per quelli che hanno il verde nel cuore. Ogni taglio di un albero è una vita che se ne va. Adesso non riesco più a scarpinare su e giù, come un tempo, sui sentieri delle nostre montagne del Triangolo Lariano, quindi devo ricorrere a informazioni che mi danno gli amici. Alcuni mi hanno raccontato che la grande pineta lungo la strada che da Sormano sale alla Colma è stata per ampi spazi abbattuta. All’ombra umida di questi abeti era un piccolo grande mondo dove la natura offriva qualche delizia, come i funghi porcini, i famosi “ferée” che anch’io riuscivo a scovare tra gli aghi dei pini. Ora lì non ci saranno più funghi ad allietare i “fungiatt”.

Ma questa realtà micologica è solo una piccola cosa. Il bosco è la vita della montagna. Le radici tengono saldo il terreno che rischia sempre di venir giù quando piove abbonda interamente. Da qualche mese di pioggia ne è caduta in abbondanza, anche con micidiali “bombe” che in pochi minuti mettono a repentaglio il suolo. È così che in questi ultimi tempi le frane, gli smottamenti sono purtroppo stati frequenti in paesi aggrappati alle montagne.

La foresta deve essere disciplinata e rinnovata secondo la buona regola che ad ogni albero estirpato se ne mette a dimora uno nuovo. Non so se di questi tempi la regoletta sia proprio aurea. Più volte ho scritto che l’impiego di legna ancora viva per “scaldà soeu i scoll”, sarebbe stata anche l’occasione di ripulire le montagne dalla stragrande quantità di alberi morti e giacenti sul fragile terreno a rischio di precipitare a valle come è purtroppo avvenuto.

Queste stufe che arderanno disinvoltamente però mi fanno pensare ai vecchi camini che nel 2006 sono stati messi fuori regola dalla Regione perché i tronchi ardenti producono troppa Co2, ovvero inquinano. Perché allora le stufe possono bruciare legno? Questo avviene in apparecchi dell’ultima generazione, addirittura a quattro cinque stelle di efficacia e di qualità: stellate come l’Hotel Danieli, come Villa d’Este. Quindi inquinano assai poco, così assicurano i tecnici. Invece i vecchi cari camini che portano tanto calore (in tutti i sensi), graziosa allegria con le loro belle fiamme scoppiettanti, (ricordando quando appeso al gancio c’era “el stegnà de la pulenta”), poverini non posseggono nemmeno mezza stella. Altro che lussuosi hotel, sono povere osterie, ricche di vita però. Quindi i camini sono off-limits

Da amante della montagna e delle tradizioni contadine questa sorte del “vecchio camino” mi mortifica assai, così come quello che temo sia l’amaro destino dei nostri boschi. Ormai impera il concetto secondo il quale la montagna è l’occasione per essere sfruttata, dare reddito, invece che protetta valorizzata, disciplinata. Ma gli organismi che amministrano le risorse delle nostre montagne guardano con troppa avidità allo sfruttamento. Personalmente non mi si adattano i menù proposti e cucinati da quelle comunità montane sempre più lanciate e ostinate a creare attrezzature turistiche e sportive in quota che, a guardar bene, temo siano però destinate, una volta realizzate, a sciogliersi proprio come neve al sole.

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