La vecchia Dc e gli attacchi a Berlusconi

Puntualmente, un “vecchio” Dc spara a zero su Berlusconi e sulla sua ricerca d’impunità, come se noi lettori fossimo non all’altezza di capire mentre, non me ne voglia quell’ex politico, penso che la maggior parte degli italiani lo abbia capito e continui a solidarizzare con il Cavaliere. Perché lo fa? Secondo il mio modesto e semplice modo di pensare, la risposta è scontata. Tutti i guai che stiamo vivendo, dal debito pubblico alla corruzione, ce li ha lasciati in eredità proprio il partito nel quale militava quell’ex Dc, partito che, è una mia convinzione, se non fosse scomparso “prematuramente”, ci avrebbe portato di peggio: il compromesso storico che avrebbe sancito un’alleanza insostenibile ma voluta da Moro. Potrei continuare con altri ricordi negativi ma un po’ di chiarezza non stonerebbe. Preferisco dire che sarebbe sufficiente dare il via a una grande riforma costituzionale che abolisca enti, cariche inutili e costose come province, comunità montane sul livello del mare e il presidente della repubblica con i poteri attuali, nella speranza che il buon Tabacci non ripeta quel pensiero che tanto piace a sinistra: la repubblica presidenziale spaventa gli italiani e forse anche lui. Capisco che Berlusconi non piaccia agli ex Dc, anche se dovrebbero essergli riconoscenti per averne riciclati molti nel Pdl: i suoi fastidi vengono proprio da riciclati e sdoganati.

Giovanni Bartolozzi

C’è chi sostiene che la democristianità sia un modo di pensare, di comportarsi, di vivere. Forse non è proprio così, se si pensa che nella Democrazia cristiana ci fu tutto ma anche il contrario di tutto:  le migliori virtù degl’italiani e i peggiori difetti. Forse invece è vero, se si pensa che, tra le une e gli altri, figurò in bella evidenza l’ambiguità, una caratteristica comune a molti strati sociali del Paese. E ben radicata sotto il profilo storico: Machiavelli l’aveva puntualmente colta, avendogliene fornito lo spunto gli eventi (numerosi eventi di numerose epoche) accaduti prima ch’egli si cimentasse nella scrittura del “Principe”. La Dc si segnalò per una singolare astuzia: chi ne governava le sorti, sceglieva dentro il partito l’avversario più insidioso per evitare d’ingigantire l’importanza e il ruolo di quelli fuori del partito. Un’operazione di successo, riuscita per lungo tempo. Forse m’inoltro nell’azzardo, ma mi pare che oggi qualcosa del genere stia accadendo nel Pdl, alle prese con i “distinguo” di Fini: l’affermarsi di quest’oppositore interno è per ora una garanzia della mancata affermazione dell’opposizione esterna. E spesso in Italia ciò ch’è per ora, è per sempre.

Max Lodi

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