La ruspa di Gino che salvò la valle

Scomparso a 73 anni. In quel tragico luglio dell’87 Baruffi con il suo escavatore evitò la tracimazione del lago in Val Pola

Si è spento a 73 anni Gino Baruffi di Tresivio, il cui nome è legato alla tracimazione controllata della Val Pola nel 1987. Tantissime le persone che hanno partecipato alle esequie per dare l’estremo saluto a Baruffi, escavatorista «da sempre», come ricordano i figli Damiana e Thomas Baruffi che erano ancora ragazzi quando, al rientro dalle vacanze al mare, in quel tragico luglio, il padre è stato precettato, come tanti, per lavorare nel luogo della frana.

Nato a Tresivio, il più giovane di sei figli, Gino ha iniziato a lavorare molto giovane nel campo edile con il fratello Marco. Capisce ben presto che la sua passione è la guida dei mezzi movimento terra. Inizia, quindi, a lavorare nei grandi cantieri della Cariboni dove viene notato dal titolare Paride che inizierà ad affidargli gli incarichi più delicati e urgenti. Fra tutti il compito di mantenere pulite ed in sicurezza le vie di accesso alle gallerie di uranio in Val Vedello e, quindi, la tracimazione controllata.

«Nell’87 è stato chiamato per l’emergenza in Alta Valle dove poi ha lavorato per tanti anni e vi è tornato anche quando è stata fatta la messa in sicurezza con le briglie – raccontano i fratelli -. Nelle prime settimane dopo la frana, non sapevamo nemmeno come stesse il papà, perché i cellulari non esistevano e le linee telefoniche erano interrotte per cui, come tutti i cittadini italiani, abbiamo visto le immagini in televisione, senza sapere che era lui ad eseguire la tracimazione controllata». Le sue passioni erano la famiglia e il lavoro. Era un uomo discreto e buono, competente e informato anche grazie alle esperienze di lavoro che lo hanno portato in giro; sempre disponibile con tutti, per dare consigli o fare lavoretti, sia con le famiglie dei suoi figli sia per con i vicini di casa, a Tresivio e in baita. Con una convinzione: che la qualità fosse più importante della quantità. Un concetto passato forte e chiaro anche ai suoi figli. «È sempre stato una persona molto umile, penso che non abbia neppure detto a nessuno che era diventato cavaliere del lavoro – concludono i figli -. In Val Pola è stato sotto l’occhio delle telecamere e, a più riprese, i giornalisti hanno cercato di intervistarlo ma lui ha sempre negato perché, come diceva, non aveva necessità di finire sotto i riflettori». Che, ora, metaforicamente la famiglia accende per l’estremo saluto e un pensiero grato.

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