Ci fosse Fantozzi, ragionier Ugo, direbbe che è una “boiata pazzesca”. Espressione non solo fantozziana: la usò e sdoganò Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria, per commentare la riforma del lavoro del ministro Fornero (era dicembre 2011).
Toni rudi e definitivi che forse si potrebbero usare anche per la riforma delle Camera di commercio, annunciata dal Governo Renzi.
Usiamo il forse e il condizionale perché il disegno dei nuovi enti camerali non è finito e quindi può ancora cambiare (in meglio, in peggio? Aspettiamo). E perché i giudizi netti sono spesso sdrucciolevoli e sempre imprecisi, soprattutto su temi come questi in cui entrano interessi sedimentati, posizioni e lotte di potere politico ed economico. Infine, la realtà italiana è così variegata – anche per quanto riguarda le Camere di commercio – che è impossibile dare un giudizio complessivo: si può passare dall’efficienza gestionale a casi di spreco.
Proviamo ad azzardare e diciamo che gli enti camerali più giovani (come Lecco) di solito sono i più efficienti, forse perché non hanno avuto il tempo e le possibilità di rallentare il metabolismo gestionale.
Fatta la premessa, resta l’impressione che a guardarla da Lecco l’annunciata riforma camerale è una tentazione a citare Fantozzi perché il beneficio che le imprese avranno sul diritto annuale è risibile: a regime (quindi nel 2017, quando il taglio sarà del 50%), a Lecco il risparmio medio annuo per azienda sarà di 102 euro. E perché l’effetto della riduzione dei contributi sarà la contrazione, se non l’azzeramento, delle risorse per i progetti che la Camera di commercio realizza sul territorio. Anche qui, non sempre le scelte sulla ripartizione dei fondi tra i progetti possono essere, o essere state le migliori e le più efficaci, di base resta un sostegno alle imprese nell’internazionalizzazione, nella ricerca, nella formazione. Temi sui quali spesso le piccole e piccolissime aziende (a Lecco ci sono quasi solo quelle) non possono impegnarsi perché non hanno i soldi per farlo.
E non va neanche scordato che se a Lecco c’è il campus universitario è anche grazie all’impegno economico e progettuale della Camera di commercio.
Affrontiamo il tema della riforma camerale non perché ci siamo alzati con il piede sbagliato, ma perché in questi giorni si è riunita la giunta di via Tonale per cominciare a disegnare le linee del bilancio 2015. Nel prossimo esercizio, il taglio dei fondi della Camera di commercio sarà del 35%. E da quanto si è potuto capire, con qualche sacrificio e con lo spostamento di alcune poste di bilancio, nel prossimo anno la Camera di Lecco dovrebbe farcela a sostenere tutti i progetti avviati. I problemi della coperta troppo corta potrebbero evidenziarsi dall’esercizio successivo, quando al territorio potrebbe venire a mancare il sostegno a tante iniziative e progetti, con il rischio di rallentare processi di miglioramento di tutto il tessuto delle imprese.
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