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Venerdì 01 Marzo 2013
La bella Elvira condannata
Ma era un errore, assolta
Per i giudici Elvira Moubarakshina, che da anni abita a Traona, era una donna della 'ndrangheta. Aveva preso sei anni di pena. Ma è stato uno sbaglio, ora è stata assolta
Sondrio - Nel settembre del 2011 era stata condannata a 6 anni di reclusione dal gip del Tribunale di Reggio Calabria. E non per un reato da poco, ma con l'accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso. Per i giudici, insomma, Elvira Moubarakshina, che da anni abita a Traona, era una donna della 'ndrangheta.
Per la Corte d'Appello di Reggio Calabria, però, quella sentenza è stata un clamoroso errore. La stessa Corte ha annullato la sentenza di primo grado, assolvendo l'imputata da ogni accusa .
«Si tratta di una vicenda drammatica e surreale allo stesso tempo - il commento dell'avvocato milanese Beatrice Saldarini che tutela gli interessi di Moubarakshina -: la donna appena ventenne conosce in un locale ove lavorava all'epoca come ballerina quello che diventerà il padre dei suoi tre figli, che si presenta a lei come un facoltoso commerciante di abbigliamento. Poi l'uomo verrà arrestato per associazione mafiosa e lei, solo per avere durante la sua detenzione aderito alle sue richieste di contattare conoscenti per avere del denaro che era dovuto al convivente, si è trovata coinvolta (e per ben due volte detenuta in carcere) come affiliata alla cosca».
Una mazzata. Che non ha colpito solo la moglie del convivente. «Ovviamente le conseguenze si sono abbattute anche sui figli minori, portati per un periodo in un centro di accoglienza - spiega l'avvocato -. Elvira si è rifatta una vita e trasferita a Traona, lontano da tutti e ha cercato di rimettere insieme i pezzi della sua vita, cercando di offrire un'esistenza dignitosa e pulita ai suoi bambini».
L'arresto in Valtellina di Elvira Moubarakshina, russa, oggi 37 anni, aveva colpito profondamente l'intera comunità dei Cech, che la conosceva (e la conosce) come una persona decisamente simpatica dai modi particolarmente gentili.
Nell'inchiesta che l'aveva coinvolta erano finiti anche i due dei capi del gruppo criminale, Vincenzo e Francesco Pesce, zio e nipote.
L'accusa nei confronti degli imputati si basava anche sulle dichiarazioni di Giuseppina Pesce, figlia del boss Salvatore Pesce, che dopo avere iniziato a collaborare con la giustizia nell'aprile del 2010 ha poi deciso di revocare la propria collaborazione, peraltro una delle pochissime in materia di 'ndrangheta. Vincenzo e Francesco Pesce hanno subìto le condanne più pesanti: 20 anni di reclusione a testa.
Per gli altri nove imputati condannati le pene variano dai 10 ai 2 anni. Il processo era denominato All Inside, dal nome dell'operazione con cui sono state condotte le indagini.
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