Ius scholae Nessun colore per i diritti

E’ scontro politico tra FI e Lega sulla proposta di concessione della cittadinanza italiana ai minori stranieri anche non nati in Italia ma che abbiano frequentato un ciclo scolastico. Forza Italia si dichiara disponibile a un confronto sul riconoscimento della cittadinanza dopo un ciclo completo di frequentazione delle scuole dell’obbligo, come ribadito da Maurizio Gasparri, presidente dei senatori azzurri. Essa si ricollega alla proposta di legge inizialmente presentata nella scorsa legislatura dal Pd e poi riformulata dall’On. Renata Polverini, condivisa anche da Silvio Berlusconi, che fu approvata dalla Camera con largo consenso, ma non dal Senato.

Ma il capogruppo della Lega in Senato, Massimiliano Romeo, ha ammonito che se il vice Presidente del Consiglio, Antonio Tajani, insiste sullo ius scholae rischia di minare seriamente la stabilità del Governo. Il presidente di Noi moderati, Maurizio Lupi, replica che concedere la cittadinanza ai ragazzi figli di cittadini stranieri che abbiano frequentato due cicli scolastici completi in Italia favorisce l’integrazione ed evita il formarsi di zone grigie in cui prolifera l’illegalità. Favorevoli alla proposta di FI si dichiarano anche Carlo Calenda e Mariastella Gelmini di Azione.

Giuseppe Conte, leader del M5S, si associa alla proposta considerando lo ius scholae la soluzione meno radicale e più equilibrata per risolvere il problema. Mentre quella dello ius soli voluta dal Pd e da altri partiti di sinistra non gode del necessario consenso parlamentare.

Secondo un’elaborazione di Openpolis su 914.860 giovani stranieri che studiano in Italia e non hanno compiuto i 17 anni, sono oltre 300 mila quelli che potrebbero avere la cittadinanza secondo le regole dello ius scholae. D’altra parte, sia il Pd che Iv e +Europa sono disposti a convergere su tale soluzione, che non contrasta con l’attuale politica sull’immigrazione perseguita dal Governo. Anzi essa contribuirebbe a dare un giusto e meritato riconoscimento ai ragazzi stranieri che sono nati o vivono e studiano nel nostro Paese, che si sentono italiani, che conoscono la nostra lingua e la nostra cultura, favorendone la loro piena integrazione.

Oggi in Italia la cittadinanza si ottiene in base allo ius sanguinis, il diritto di sangue, è ereditaria e legata alla discendenza. In base alla legge n. 91 del 1992 acquisisce la cittadinanza chi nasce anche da un solo genitore italiano e il principio vale anche in caso di adozione o riconoscimento. Lo straniero maggiorenne, invece, ha la possibilità di acquisire la cittadinanza italiana solo se risiede nel nostro Paese da almeno dieci anni e se dimostra di avere redditi sufficienti al sostentamento. Ricordiamo che gli Italiani, che fanno sempre meno figli e vedono i propri giovani andare all’estero, hanno sempre più bisogno di operai specializzati, operatori tecnici, artigiani, infermieri, oltre che di diplomati e laureati.

I minori stranieri nati e cresciuti in Italia possono chiedere la cittadinanza entro un anno dal compimento del diciottesimo anno di età solo se hanno risieduto legalmente e senza interruzione nel nostro Paese fino al raggiungimento della maggiore età. Perciò tanti minori nati e cresciuti in Italia o che comunque vivono qui da anni, parlano la nostra lingua e frequentano le nostre scuole assieme ai nostri figli o nipoti, non hanno i nostri stessi diritti perché, fino al compimento del diciottesimo anno di età, sono considerati dal nostro ordinamento “stranieri”, subendo fenomeni di bullismo e discriminazioni, come segnalato anche dall’Ocse.

La proposta di FI ha provocato tensioni negli alleati della maggioranza, i quali rilevano che il tema non è previsto nel programma di governo. In ogni caso, la riforma basata sul nuovo criterio dello ius scholae potrebbe ottenere un’ampia intesa parlamentare, se si abbandoneranno le contrapposizioni ideologiche che in materia di diritti non hanno alcun senso. Perché i diritti non hanno colore politico, non sono né di destra né di sinistra ma di tutti.

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