Caro direttore,
buon giorno. Se non le dispiace, mi presento: ho ventinove anni, sono la mamma di uno splendida bimba di cinque, vivo d'amore e d'accordo con il mio compagno, ma da qualche giorno a questa parte ho una vena d'arrabbiatura (chiamiamola così per depurare il termine che davvero avevo in mente) che mi pervade e fa da sottofondo ai miei pensieri, in quei pochi momenti che ho liberi della giornata.
Ebbene, mi dirà lei a questo punto: qual è il problema che tanti pensieri le arreca? Non sono ancora laureata, le rispondo io, perché sono iscritta a Scienze Politiche, ma la mia vita - avendo preso anche altre curve - non mi ha ancora portato a dare quell'ultimo esame che manca e a discutere la tesi.
Non sono laureata, l'ammetto, ma non mi sento minimamente quella sfigata che il viceministro Martone vorrebbe fare credere. Mi piacerebbe, infatti, che potesse fare lui tutti quei sacrifici ai quali io sono sottoposta ogni giorno: capirebbe che nel nostro Paese esiste un esercito di giovani di buona volontà, costretto però a fare a pugni con una realtà di crisi che di certo non aiuta.
Io, caro Martone, studio, faccio la mamma, lavoro in casa e per la casa: insomma, non ho un momento libero, la situazione non mi pesa, ho fatto tutte scelte consapevoli e so bene quali saranno i miei obiettivi in campo professionale, umano e sentimentale. Nessuno, però, dall'alto di uno scranno deve potermi dare della sfigata. Mi sento offesa e sminuita, così come spero che possano essere in tanti d'accordo con me.
Eva Tamasi
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Come non darle ragione, cara lettrice? Soprattutto è il termine usato che dà un fastidio bestiale. Questa Italia, a partire da chi ci governa, dopo aver rischiato di essere schiantata, avrebbe bisogno di una sferzata. Ed è gente come lei a darci la forza per essere ottimisti. Non si vergogni di quel che ha fatto finora, anzi ne vada orgogliosa, così come sicuramente lo saranno la sua piccola e il suo compagno.
Edoardo Ceriani
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