
Cronaca / Oggiono e Brianza
Martedì 12 Aprile 2016
Insubria, la mano pesante dell’accusa
La Procura chiede pesanti condanne
L’udienza di ieri, si torna alla richiesta dei pubblici ministeri di primo grado di non concedere le attenuanti generiche
Ha parlato cinque ore, il sostituto procuratore generale della Repubblica di Milano Laura Barbaini, rappresentante dell’accusa nel processo di secondo grado dell’inchiesta Insubria che si è aperto la scorsa settimana davanti alla quarta sezione penale della Corte d’Appello di Milano.
Cinque ore in cui ha ricostruito l’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Milano sfociata, un anno fa, nel corso del processo di primo grado con il rito abbreviato, nella condanna di 35 dei 37 imputati (due avevano inizialmente scelto il rito ordinario, poi sono stati ammessi all’abbreviato e sono stati condannati a ottobre) che il giudice dell’udienza preliminare Fabio Antezza ha ritenuto responsabili del pesante reato di associazione per delinquere di stampo mafioso.
Arrivando a chiedere la conferma di tutte le condanne anche se a pene molto più elevate rispetto a quanto deciso dal gup nel maggio 2015: accogliendo infatti le richieste contenute nel ricorso per Cassazione dei pubblici ministeri Paolo Storari e Francesca Celle, magistrati inquirenti che hanno sostenuto l’accusa davanti ad Antezza, “assorbito” da quello in Appello degli avvocati e quindi discusso contestualmente, Barbaini ha chiesto che i giudici escludano l’applicazione delle attenuanti generiche, come avvenuto in abbreviato, una concessione che aveva ridotto notevolmente le pene rispetto alle richieste dell’accusa.
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