«Infrastrutture, siamo all’anno zero»
Costruttori preoccupati. Il duro intervento del presidente Ance, Sergio Piazza, in occasione dell’assemblea annuale. «Non siamo un Paese moderno, nella classe politica prevale l’incompetenza e la mancanza di visione sulle priorità».
«Siamo all’anno zero, di fronte a uno scenario di declino preoccupante. Senza infrastrutture un territorio non vive, ma sopravvive. Il nostro non è un Paese moderno: la classe politica ha la responsabilità di rendere tale l’Italia, occupandosi tra le altre cose di semplificazione e facendo ripartire gli investimenti». Ieri sera, in occasione dell’assemblea annuale di Ance, il presidente Sergio Piazza ha lanciato un allarme che non riguarda solo l’edilizia, ma l’intero Stivale. Dinanzi a una folta platea, la guida degli edili di Lecco e Sondrio ha espresso tutta la sua preoccupazione per la situazione in cui versa il Paese.
Del resto, gli esempi che dimostrano come l’Italia abbia bisogno di una svolta sono tanti, pure troppi: dal ponte di Genova e quello di Annone, dai cedimenti nelle scuole alle strade chiuse per settimane per la caduta di alberi, dalla situazione del centro sportivo del Bione a Lecco alle buche che ormai caratterizzano tutte le strade provinciali, fino ai problemi riguardanti il collegamento Lecco – Bergamo, dai tempi di percorrenza a un cantiere ormai bloccato da mesi.
«Se la Lombardia stenta, il Paese arranca. Questi esempi riguardano i territori del Lecchese e del Sondriese, contesti che a livello di concentrazione industriale e benessere collettivo sono tra i più importanti a livello nazionale». Anche per questo, «il rischio è che chi opera in un settore, come l’edilizia, che vive una crisi più che decennale, si trovi di fatto a perdere un ulteriore ciclo di possibile sviluppo». I dati Istat sull’occupazione lo testimoniano: tutti i settori aumentano in media dell’1,2%, mentre l’edilizia perde il 2,7%. Il tutto correlato al calo di ore lavorate, lavoratori iscritti e imprese (rispettivamente -53%, del -45% e del -42%) tra il 31 dicembre 2017 e il 2008.
«Se l’edilizia non riprende, non è solo un problema per le imprese di costruzioni. È un problema per tutto il sistema economico. Nel 2018 il Pil sta crescendo solo dell’1,2%, contro una previsione dell’1,5%. L’Italia è “maglia nera” del G7 e dell’Europa, perché le manca l’insostituibile apporto dell’edilizia e della sua filiera, collegata con oltre il 90% dei settori economici del Paese. Grazie all’edilizia potremmo crescere dell’0,5% in più ogni anno, saremmo già tornati ai livelli precrisi». Invece, le costruzioni non riescono ad uscire dalla crisi e stanno tenendo ancorate a sé decine di migliaia di imprese e di lavoratori, anche nell’indotto. Qualche dato positivo c’è, riguardo soprattutto il Sondriese, come le infrastrutture di Morbegno e di Tirano. «Ma non possiamo accontentarci: per il resto è un oceano di stagnazione». Dunque, «un preoccupante scenario di declino, causato prima ancora che dalla incompetenza di chi ci governa o dalla mancanza di fondi, dalla mancanza di una visione chiara e precisa delle priorità».
Il problema sta negli investimenti che non arrivano fino alla cantierizzazione degli interventi, nell’assenza di manutenzione e messa in sicurezza del patrimonio pubblico. Ma pure nel Codice degli appalti, definito «un mostro da sconfiggere. Se non vi si mette mano rischia di trascinarci tutti sul fondo».
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