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Lunedì 14 Settembre 2009
In versione extralusso
anche Mark Knopfler
Il cofanetto “Get lucky” è roba da sciuri: abbandonata la linea degli ex Dire Straits, il chitarrista è ormai tornato sugli esordi folk rock avvalendosi di una band di ottimi collaboratori. E il suo libro resta un'opera culturalmente valida
la capacità di resistere alla tentazione di sfruttare la
redditizia sigla Dire Straits accreditando i suoi lavori alla
band che tutti hanno sempre identificato con lui. E dire che,
rispetto al periodo d’oro, che ha visto il nucleo originale
disintegrarsi subito dopo “Love over gold”, oggi il chitarrista
lavora con un pool di collaboratori molto più stabile dei
musicisti che si sono accavallati in “Brothers in arms” e “On
every street”, le ultime due opere accreditate al gruppo. Il
tastierista Guy Fletcher, ad esempio, suonava già in quei
dischi e questo basterebbe, per tanti ma non per Mark. Il
chitarrista Richard Bennett e il bassista Glenn Worf sono
arrivati ai tempi della seconda opera solistica propriamente
detta, “Sailing to Philadelphia”. “Kill to get crimson” ci ha
presentato il nuovo batterista Danny Cummings che
ritroviamo in questo “Get lucky” dove si distingue, al
pianoforte e all’organo, Matt Rollings. Una solidità
sconosciuta già quando “Sultans of swing”, “Romeo and
Juliet”, “Private investigations” e “Money for nothing” erano in
testa alle classifiche di mezzo mondo. Ma che senso
avrebbe, deve essersi detto il buon Knopfler, cercare di
rinverdire all’infinito quei fasti? Così vende molto meno
(perché il marchio, si sa, consente di approfittare di chi
compra a scatola chiusa riconoscendolo) ma è libero di
fare quello che vuole, alternando a lavori come questo
collaborazioni eterogenee e redditizie colonne sonore. Se
c’è un problema è che, talvolta, la ciambella, che gli riesce
sempre con il buco, ha un sapore stucchevole, stomaca
perché ha sempre lo stesso gusto e per evitare di ripetersi
troppo torna sui sentieri folkeggianti dell’esordio solistico
“Golden heart”. Ospiti dal mondo della canzone popolare
come il flautista Michael McGoldrick (ex Capercaillie e
Lúnasa), il fisarmonicista Phil Cunningham (dai Silly
Wizard) e il violinista John McCusker (una vecchia
conoscenza per Knopfler) mentre lo stile di Mark, che tanti
accostavano a quello di J.J. Cale, si sta spostando, con
l’età, dalle parti di B.B. King: poche note per dire tutto. Certo,
brani come “Border reiver”, “Before gas and tv”, “So far from
the clyde” e “Piper to the end”, dai profumi squisitamente
celtici, il delizioso valzer “Monteleone”, la bluesata “You can’t
beat the house” mostrano una vena, se non freschissima,
ancora capace di confezionare pezzi eccellenti. E ora un
postscritto che vale più della recensione. Si è fatto un gran
parlare in questi giorni a “ParoLario”, lo hanno detto un
musicista dagli interessi eterogenei come Mauro Pagani e
un maestro come Carlo Boccadoro, lo ripetono
spessissimo tutti gli operatori della musica, di quanto
incide l’Iva sul prezzo di un cd. Al contrario del libro, che è
considerato un prodotto culturale (anche Moccia e le
barzellette di Totti), il supporto fonografico è un “bene di
lusso” (anche le sinfonie di Mahler). Ma la discografia
agonizzante non trova di meglio di realizzare, di ogni uscita,
una serie di edizioni per sgrassare i gonzi abbienti: U2 e
Depeche Mode, David Gilmour e ora anche Mark Knopfler
vengono spacciati in costosissimi cofanetti in edizione
limitata (che restano in realtà reperibili perché pochissimi
se li possono permettere). Quello dell’ex chitarrista supera i
100 sacchi, oltre all’album in compact contiene lo stesso su
un doppio vinile da 180 grammi con tre brani aggiunti, un
dvd con momenti live e un’intervista, lo spartito per chitarra
della canzone “Get lucky”, il facsimile di un biglietto di un
concerto (fosse valido...), infine due fiches da poker e due
da craps. Almeno uno se le potesse giocare rientrerebbe
della spesa ma, naturalmente, così non è.
Alessio Brunialti
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