In una società che invecchia sempre di più, l’attenzione verso gli anziani non corrisponde ai tempi di vita che si allungano. Si spendono molte chiacchiere per affermare la vicinanza alla terza età, ma nei fatti questo non sempre avviene. Forse Dostoevskij esagerava scrivendo che vivere oltre i quarant’anni è di cattivo gusto. Tuttavia a volte si ha l’impressione che qualcosa di vero ci sia. In molti sostengono che la terza età può essere la più bella della vita, se affrontata nel modo giusto. Il risultato non dipende però solo dai diretti interessati, ma anche da tutti coloro che con loro vivono. A questo proposito, è lecito esprimere un pronostico negativo per il futuro?
Paolo di Benedetto
Gli anziani han sempre dovuto sopportare l’emarginazione. Non producono, non consumano -o consumano poco rispetto al molto che la società pretende- e soprattutto ingombrano. Una volta, quando la famiglia era patriarcale, i vecchi mantenevano, e addirittura accentuavano, il loro ruolo di guida: aiutavano i figli nelle incombenze di casa, li consigliavano per quelle di lavoro, erano nonni costanti di nipoti non saltuari. Oggi raramente va così. Oggi le famiglie si sparpagliano, gli anziani restano da soli e spesso affrontano l’ultima parte della vita a mani vuote. Cioè senza nulla più di significativo da offrire all’esistenza. Dunque, e purtroppo, non è realisticamente sbagliato guardare al futuro con pessimismo. Però ogni tanto veniamo a conoscenza di notizie che c’inducono a riaccendere qualche speranza sul significato positivo da dare alla terza età. Una è di questi giorni. Dall’altra parte del Lago Maggiore, a Pallanza, nella sua casa che guarda sul Golfo Borromeo, compie centodieci anni Emma Morano, che vive con una sorella di centouno. Credo sia un caso unico in Italia. E credo valga la pena di sapere che questa donna sta vivendo così a lungo per tre ragioni: perché, dice lei, segue da sempre una dieta singolare (una pastina con dentro un po’ di carne, due uova e un gianduiotto quotidiani, oltre a qualcos’altro di frugale), si riposa almeno dodici ore al giorno, non guarda mai il calendario. Guarda invece, quando si sveglia al mattino, se gli affetti che ha intorno son rimasti quelli della sera prima. Finora il riscontro è risultato positivo. "Senza la serenità -disse ai cronisti in occasione di uno dei suoi genetliaci- non serve a niente neppure la salute". Una medicina troppo antica per essere prodotta nella modernità. Troppo semplice per un mondo globale complesso. Troppa amara per chi del dolce ha una cognizione da pasticceria.
Max Lodi
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