
(Foto di Foto Gianatti)
«In cinque anni nessuna stretta
Dati 200mila euro più del 2007»
Lo ha affermato il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, sabato mattina al Road show
«Alle imprese il sistema creditizio ha erogato 1.900 miliardi, diventati 1.840 dopo Basilea 3»
Sondrio
«Perché l’Abi ha scelto Sondrio per la sua ottava tappa del Road show? Perché è un caso emblematico di positiva e diffusa cultura del risparmio, supportata da due banche che risultano essere tra le prime quindici a livello italiano, e saranno valutate dalla Bce quest’anno per essere inserite nella rosa delle principali banche europee».
Il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, ha esordito così parlando della bella realtà valtellinese e della situazione più in generale del Paese. «Qui le banche sono da sempre imprese finanziarie private, promosse dai soci e ben amministrate - ha proseguito il presidente dell’Associazione bancaria italiana, facendo riferimento al Testo unico che ha stabilito la natura imprenditoriale delle banche -. Un motivo di orgoglio perché queste banche sono l’emblema del fare e del fare bene». Patuelli ha dunque elogiato il sistema Valtellina, vedendo nei chilometri di terra strappati alla montagna per coltivare la vite il fulcro della cultura del lavoro e del risparmio che ha permesso la crescita di un azionariato diffuso e della capacità di trovare la soluzione ai problemi facendo da sé.
Da cinque anni e mezzo c’è la crisi. Ma ora bisogna fare chiarezza rispetto a una vulgata superficiale. «Il credit crunch non c’è stato - ha affermato Patuelli -. Alle imprese in cinque anni di crisi sono andati 1.900 miliardi di euro, con l’ingresso di Basilea 3 si è arrivati a 1.840 miliardi. A fine 2007 le banche avevano dato 200miliardi in meno di adesso. Mi pare la dimostrazione che non ci sia stata stretta creditizia».
Per la verità le banche stanno vivendo un problema di disponibilità di risorse a causa della eccessiva pressione fiscale («intollerabile l’8,5% di Ires») e sono penalizzate dagli stress test, che impongono maggiori accantonamenti cautelativi.
La verità, secondo il presidente dell’Abi, è che per uscire dalla crisi, serve un ritorno all’etica. «Noi ne difettiamo sia nella vita pubblica, con i ripetuti scandali, sia in quella privata, con l’intollerabile fenomeno dell’evasione fiscale, che finisce con il gravare su chi lavora onestamente». La mancanza di etica si riverbera anche nell’eccessivo ritardo nei pagamenti da parte della pubblica amministrazione, da un anno in vera emergenza. Un aspetto su cui poco prima si era attardato il sottosegretario alla presidenza della Regione Lombardia, Ugo Parolo, ricordando che i 6 miliardi di crediti sospesi alle imprese corrispondono ai 6 fermi a causa del patto di stabilità. E Patuelli ha ricordato che i 17 miliardi messi a disposizione dallo Stato finora sono insufficienti, viste le stime che parlano di 100 miliardi.
All’etica deve fare da contraltare l’efficienza dei processi decisionali nelle istituzioni pubbliche a tutti i livelli «e nei processi produttivi privati, che non vengono favoriti dalle normative fiscali».
Tornando sul nodo degli impieghi, Patuelli ha detto chiaramente che il “merito creditizio” è l’unico requisito che assicura a una impresa l’accesso ai finanziamento. «Zone d’ombra, ripetuti passivi, Irpef irrisori, poca trasparenza sono spesso le situazioni di chi lamenta di essere escluso dal credito». E se il sistema creditizio in questi anni ha affrontato una grande e profonda ristrutturazione per essere pronta a gestire la nuova fase, anche le imprese sono chiamate a fare altrettanto. «Le banche - ha annunciato Patuelli - stanno cercando clientela che faccia nuovi investimenti produttivi».
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