Cronaca / Valchiavenna
Lunedì 05 Agosto 2019
Imprudenza fatale: «Quel torrente
si è trasformato in un fiume»
La tragedia in Val Pilotera. Bollettini meteo ignorati. Rebai: «Sport non esente da rischi, ci sono regole che vanno seguite e non basta essere degli esperti»
«Venerdì pomeriggio nei canyon della Val Pilotera il gruppo di escursionisti non ci doveva essere». La gente del posto non ha dubbi. Sono in molti a dirlo, anche se nessuno - vista la tragedia che si è consumata - vuole infierire sul gruppo di escursionisti di cui facevano parte Claus Peter Turbeis, classe ’78, di Stoccarda, e l’amico Hans Peter Althaus, classe ’71, anche lui residente in Germania.
Nessuno mette in dubbio che fossero esperti di canyoning (Althaus era addirittura una guida e conosceva bene la Val Pilotera) o che avessero attrezzature adeguate, ma di certo per praticare questo sport è fondamentale una buona dose di prudenza, soprattutto la consultazione dei bollettini meteo.
Sia in Val Bodengo che nella laterale Val Pilotera sono ben visibili i cartelli che indicano il rischio di piene improvvise. «La portata dei torrenti - dicono gli esperti - in Valchiavenna è anomala, perché le rocce di origine magmatica non assorbono assolutamente l’acqua, non esiste “carsismo” e se a questo sommiamo l’estensione dei bacini e i versanti ripidissimi privi di vegetazione in quota, anche un temporale di poche ore può trasformare il canyon in un fiume più che in un torrente».
A sottolinearlo - pur senza voler fare commenti sull’incidente specifico accaduto a Gordona, visto che non è intervenuto sul posto e non ha parlato con i compagni dei due escursionisti morti per avere informazioni di prima mano - è anche Valerio Rebai, capo della delegazione Valtellina e Valchiavenna del Cnsas (Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico).
La Val Bodengo e la Val Pilotera le conosce bene ed è stato, parecchi anni fa, tra i primi a praticare il canyoning in provincia, dal momento che in qualità di operatore dell’elisoccorso doveva essere in grado di portare aiuto in tutte le situazioni. «All’epoca le attrezzature erano un po’ raffazzonate, le tecniche derivate solo ed esclusivamente dall’alpinismo o dalle tecniche speleo - ricorda -. Oggi le cose si sono evolute: ci sono oltre ad attrezzature adeguate anche bollettini meteo disponibili ovunque, consultabili anche dai cellulari. Ricordo che quando facevamo addestramento, ormai parecchi anni fa, la prima cosa che facevamo prima di entrare in un canyon era telefonare ai gestori delle chiuse per capire se c’era il rischio venissero aperte».
Nel caso della tragedia di Gordona evidentemente la mancata consultazione o la sottovalutazione dei bollettini meteo è risultata fatale. Proprio venerdì la Regione Lombardia aveva diramato l’allerta meteo “codice arancione” per il rischio di improvvisi e forti rovesci. I cinque escursionisti sopravvissuti hanno riferito che è scoppiato il temporale e sono stati travolti da un’ondata di piena improvvisa. A quel punto le capacità tecniche e l’esperienza sono servite a poco...
«Come tante altre pratiche sportive, il canyoning non è esente da rischi e ci sono regole da seguire per evitare incidenti. Il cambio improvviso delle condizioni meteo è la principale causa di incidenti mortali per chi pratica torrentismo - spiega ancora Rebai -. Proprio perché è uno sport che richiede notevole capacità tecnica (bisogna saper usare corde e moschettoni, sapersi muovere in terreno impervio e saper nuotare bene) è difficile che qualcuno improvvisi e lo dimostrano le statistiche. A fronte del gran numero di persone che lo praticano, sono rari gli interventi di soccorso, proprio perché chi fa torrentismo in genere è preparato ad affrontare certe situazioni». Il fattore determinante, lo conferma l’ultima tragedia, è il meteo.
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