Cronaca / Circondario
Martedì 29 Agosto 2017
Immigrati, da Lecco
24 milioni di euro ai parenti
I dati delle cosiddette “rimesse estere”: ormai un lavoratore su quattro in fabbrica è straniero. «Non si tirano indietro, sono ben integrati in azienda»
Con circa 24 milioni di euro inviati nel 2016, Lecco è una delle tre province con la maggior crescita delle rimesse estere da parte dei lavoratori immigrati.
A fronte di un aumento medio dell’1% registrato in Lombardia nel 2016 rispetto al 2015, Lecco segna un +14,2%, il dato più alto insieme a Lodi (+18,5%) e a Monza e Brianza (+18,9%).
A distanza seguono Cremona, col +7%, Bergamo e Brescia (+4,4% e +4,9%), mentre aumenti minori sono registrati a Pavia e Mantova. Fino al dato più basso, quello di Como (+0,5%), dove comunque gli immigrati che lavorano nelle fabbriche locali hanno sostenuto le famiglie d’origine con l’invio di 40,5 milioni di euro nel 2016.
Secondo i dati elaborati dalla Camera di Commercio di Milano su base Banca d’Italia, il Senegal è la prima nazione di destinazione con l’invio di 5,3 milioni di euro (il 22,4% del totale delle rimesse locali), seguita dal Marocco e dalla Romania, ciascuno con 1,9 milioni (8,1%), dal Perù con 1,3 milioni (5,4%), da Costa d’Avorio con 1,27 milioni (5,3%) ed Ecuador con 1 milione (4%). Sotto il milione di euro gli altri invii riguardano la Repubblica Dominicana, il Bangladesh, l’India e il Burkina Faso.
Sono rimesse frutto di lavoro dipendente ma anche autonomo, visto che secondo dati elaborati per la Provincia dall’ufficio studi della Camera di Commercio di Milano nel Lecchese sono oltre 1.241 (quasi il 10% del totale) i titolari extracomunitari d’impresa.
Circa i dipendenti, in un settore, quello dei metalli, in cui in Lombardia oltre un lavoratore su quattro è extracomunitario la Deltacalor di Calolziocorte, azienda metalmeccanica che realizza sistemi di riscaldamento domestico ad alto contenuto tecnologico e di design, rispetta in pieno (anzi un po’ la supera) la proporzione, destinata soprattutto a mansioni generiche.
Nell’azienda di proprietà dei due fratelli Giovanni e Paolo Pastorino su 75 addetti 20 sono extracomunitari provenienti dal Centro Africa e dal Maghreb, soprattutto Marocco e Algeria.
«Lavorano con noi da anni – dice Giovanni Pastorino – e di loro apprezziamo soprattutto la grande disponibilità a non tirarsi mai indietro quando c’è esigenza di ore straordinarie. Non si tirano mai indietro e anche se la loro formazione non consente impieghi su mansioni qualificate sono comunque molto portati ad imparare e a migliorare il proprio modo di lavorare. Le loro competenze non sono quelle di un nostro operaio, ma sono comunque molto bene integrati in azienda sia per quanto riguarda il ciclo del lavoro sia nelle relazioni coi colleghi».
Sul dibattito che continua ad animare le questioni sul lavoro degli immigrati Pastorino sintetizza dicendo che «gli stranieri non portano via lavoro agli italiani. C’è diversità di mansioni fra ciò per cui si propongono gli stranieri e gli italiani, e gli imprenditori assegnano occupazione a seconda di ciò che offre il mercato».
E sul fatto che gli extra comunitari siano sempre più elemento di garanzia sul pagamento delle future pensioni afferma che «ciò dipende dalle loro decisioni di continuare a rimanere a lavorare in Italia o andarsene. La crisi pesa anche sui loro bilanci e ho la sensazione che la tendenza a rientrare ai Paesi d’origine sia in crescita».
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