Se volete vedere il volto più bello di questo nostro strano eppure strabiliante, malato ma comunque vitale, corrotto e al tempo stesso generoso Paese, andate a cercare le immagini dei vigili del fuoco e degli uomini del Soccorso Alpino che estraggono mamma e figlio dalla trappola di neve e ghiaccio dell’hotel Rigopiano, in Abruzzo. Ascoltate gli applausi, le grida di gioia. Guardate gli abbracci. Le carezze. Le pacche sulla spalla. I sorrisi. Ecco, quegli sguardi, che sono gli sguardi dei soccorritori che hanno sfidato neve, gelo, terremoto, macerie, slavina, sono senz’ombra di dubbio il volto migliore di questa Italia che ha voglia di tornare a sperare. Un Paese che, quando c’è bisogno di aiuto, risponde sempre presente. Si fatica a contare, anche da Como, il numero di volontari, di vigili del fuoco, di medici, infermieri, tecnici del soccorso alpino, volontari, uomini della croce rossa, della protezione civile, degli alpini che sono stati, sono partiti, partiranno o che farebbero di tutto per partire per l’Abruzzo, per le Marche, per il Lazio. Persone che hanno rubato e rubano tempo alla famiglia, agli svaghi o addirittura prendono le ferie per aiutare chi sta vivendo l’incubo del terremoto, del maltempo, delle slavine. Lo fanno in silenzio, condividendo poi sui social network testimonianze di speranza, foto di amicizie con le persone che hanno aiutato o anche solo incontrato, racconti di quotidiana generosità.
Accanto a questo volto meraviglioso, a questo manifesto di speranza del Paese meraviglioso che potrebbe essere quello in cui viviamo, ci sono anche altre immagini. Quelle dei politici che non perdono l’occasione per pubblicare post su facebook o lanciare tweet nei quali si immortalano nei luoghi del disastro solo per strappare un like (o un voto) in più; politici che annunciano - bontà loro - di aver stravolto i loro programmi per potersi recare in Abruzzo (stravolgimenti che non hanno nulla a che fare con quelli reali dei soccorritori che mettono in gioco tempo e risorse senza alcun tornaconto personale, se non la gioia di poter aiutare qualcuno che ne ha bisogno); ministri che postano foto vecchie di anni per mostrare l’efficienza del governo oggi; assessori regionali che spostano strategicamente un elicottero - che oggettivamente è impegnato a dare un aiuto vitale in Abruzzo - di qualche chilometro verso l’albergo della slavina perché fa più notizia.
Ma attenzione, ora, a non fare il vecchio sbaglio: fare di tutta l’erba un fascio. Abbiamo sbagliato - e noi giornalisti purtroppo abbiamo contribuito a questo errore - a bollare tutta la politica come casta. C’è bisogno della politica così come c’è bisogno dei soccorritori, e c’è bisogno di una classe di rappresentanti in grado di esprimere il meglio di questo tribolato ma splendido Paese.
Ciò di cui si farebbe volentieri a meno è di quei politici che, invece, altro non sono che lo specchio di quella fetta del Paese che «ai palpiti del cuore e agli alambicchi della ragione» preferisce i borbottii della pancia. Di quell’Italia che sui social, mentre in Abruzzo si consumano drammi e si vivono miracoli, è più impegnata a condividere presunti scandali piuttosto che messaggi di speranza, se la prende con presunti complotti anziché ancorarsi ai fatti. Ecco, per una volta, nella tragedia, possiamo scorgere anche una luce in fondo al tunnel del nichilismo italico. E sono gli alpini della finanza che hanno scarpinato nella notte per raggiungere l’hotel spazzato via dalla slavina, i vigili del fuoco che a piedi hanno portato le taniche di carburante per gli spazzaneve rimasti a secco, le unità cinofile della protezione civile che hanno cercato sotto le macerie, i soccorritori che hanno abbracciato i superstiti. Se volete far parte dell’Italia migliore, prendere loro ad esempio.
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