Cronaca / Sondrio e cintura
Lunedì 01 Luglio 2013
Il vescovo: «Basta drammi
Bisogna dire di no alle slot»
«Serve coraggio. Il coraggio di dire “no” a queste forme di economia sempre più legate ad attività illecite e sempre più responsabili della disperazione di tanti uomini e donne»
«Serve coraggio. Il coraggio di dire “no” a queste forme di economia sempre più legate ad attività illecite e sempre più responsabili della disperazione di tanti uomini e donne».
A parlare di coraggio nel dire di no al gioco facile e alle macchinette mangiasoldi è il vescovo Diego Coletti, che ha aderito alla campagna “Non fate il loro gioco”, promossa dalla Cisl dei Laghi e dal centro studi contro le mafie progetto San Francesco.
Il vescovo definisce l’iniziativa «volta a sensibilizzare le persone, nel modo più ampio e documentato possibile, sul pericoloso proliferare di slot-machines e di altre occasioni di gioco d’azzardo non solo in sale appositamente riservate, ma anche in luoghi e locali pubblici dove alta è la frequentazione, compresi quella di ragazzi molto giovani e famiglie».
Secondo il vescovo di Como e Sondrio servono interventi radicali per limitare il fenomeno che trascina sempre più famiglie in un vortice senza fine.
«Proprio questa “normalizzazione” di comportamenti che “normali” non sono deve essere scongiurata e sradicata - commenta Coletti -. Le ludopatie, come oggi vengono definite le varie forme di “vizio del gioco” – vere e proprie “dipendenze” come quelle dall’alcol o dalle droghe – non sono, purtroppo, una novità. Il fenomeno, però, si presenta oggi con una preoccupante diffusione: si nasconde in messaggi rassicuranti e seducenti; interessa tutte le fasce d’età; non conosce differenze di genere; ha effetti rovinosi soprattutto sui più deboli, dei quali amplifica fragilità ed emarginazione, rovinando, spesso in modo pesante e irreversibile, la situazione economica, e non solo, di persone, famiglie e imprese».
Il vescovo ricorda che la Chiesa da tempo è impegnata sul tema «sollecitando e sostenendo gli sforzi di tutti coloro che si impegnano contro forme di “gioco” che deprimono la dignità delle persone; le impoveriscono finanziariamente e socialmente; alimentano attività criminose di tutti i tipi; minano la stabilità delle famiglie, delle relazioni umane e affettive in generale; creano tragiche illusioni; portano alla solitudine se non a forme di dipendenza patologica che richiedono assistenza medica e psicologica».
Insomma, un modello di comportamento che si basa sull’attesa di «una fortuna costruita senza impegno, costanza e fatica ma, di fatto, con l’impoverimento a volte di altri, quasi sempre di sé e dei propri cari».
Coletti parla del tristi primati «di cui c’è poco da essere fieri e ai quali i nostri territori contribuiscono con allarmante zelo» e lancia il suo messaggio dicendo: «La vita non è un gioco. E vorremmo che il gioco tornasse a essere solo una sana attività ricreativa di svago e di aggregazione. Uno degli elementi della vita che ci rendono sereni e liberi, proprio perché aperti alla gratuità di una partecipazione anche senza la pur desiderata vincita». Per riprendersi la vita in mano ci vuole «coraggio». Di non entrare nelle sale slot.
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