Cronaca
Lunedì 21 Ottobre 2013
Il tramonto di un uomo normale
«Addio a tutto, vivo d’elemosina»
La storia di Luciano è quella di una persona che aveva moglie e lavoro e che ora vive per strada. Autocritica spietata: «Non sono mai servito a niente», ma si sente un cittadino del mondo
Ci sono giorni in cui un uomo apre gli occhi e capisce che nulla sarà come prima. La vita gli è scivolata dalle mani, e se ne rende conto solo quando vede i resti annegare davanti ai propri occhi, senza possibilità di ribaltare la situazione.
E nell’aria si sente una tristezza inespugnabile, sembra un assurdo spettacolo dove un vecchio violino intona una triste sigla finale. Si, ci sono volte in cui un uomo inizia una nuova strada e le suole delle scarpe lasciano l’impronta della disperazione, un sentiero senza segnaletica, senza piazzole dove poter rifiatare, è pronto a liberarsi nel nulla.
Quella sua aria distratta
La storia di Luciano si riflette su uno specchio macchiato e rimanda l’immagine di un uomo stanco che non ha più nulla da chiedere alla vita. Ha sessantaquattro anni ed è un senzatetto. Lo incontro in quel di Busto Arsizio, si presenta al parcheggio dove abbiamo appuntamento con l’aria distratta, come se avesse perso qualcosa per strada, solo col passare dei minuti arriverò a capire che questo è il suo atteggiamento normale.
Porta sulle spalle una leggera giacchetta blu dalla quale s’affaccia una maglia grigia, jeans lisi coprono le sue lunghe gambe, mentre i piedi riposano dentro delle vecchie Converse nere. Per terra accanto a lui, sta adagiato un enorme zaino nero e bucherellato.
«Un giorno mi sono svegliato e mi sono detto che non avevo più voglia di andare a lavorare e allora ho mollato tutto».
Non afferro troppo bene il discorso, sorrido forse un po’ imbarazzato e poi mi concentro sul suo viso. Luciano da giovane doveva essere un bell’uomo. Dei capelli sale e pepe toccano le sue spalle, osservo il taglio della sua bocca larga e le labbra sottili che paiono quasi disegnate, che dire poi delle sue lunghe ciglia nere, e di quegli occhi verde scuro che sembrano guardare altrove.
«Io una volta avevo un lavoro normale in fabbrica, un operaio come tanti altri. Ne ho girate parecchie di ditte perché molto spesso litigavo con il capo reparto e allora mi sbattevano fuori, uno di quelli l’ho addirittura pestato e oggi quando mi vede cambia strada. Il mio stipendio però son sempre riuscito a portarmelo a casa, non ho mai avuto bisogno di nessuno e ho vissuto libero fino a trent’anni.
Poi un giorno incontrai una donna, Lucia, m’innamorai come un idiota e nel giro di sei mesi passai alle vie di fatto. Matrimonio. Pochi invitati anche perché di soldi non ce n’erano, il viaggio di nozze lo facemmo a Castellanza, posto in cui iniziammo la nostra vita insieme».
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