IL SUD AFRICA DI MANDELA AL BIVIO DELLA STORIA

Il Sud Africa è arrivato ad un bivio della storia. Per la prima volta da quando nel 1994 Nelson Mandela lo condusse al potere, l’ANC rischia di perdere la maggioranza assoluta in Parlamento.

Cosa significherà questa nuova situazione in uno dei Paesi leader del Continente nero, nessun analista è oggi in grado di prevederlo. Il pericolo dell’inizio di un periodo di instabilità politica interna è dietro l’angolo con tutte le conseguenze del caso.

Ma attenzione: il Sud Africa non è un Paese qualsiasi. Oggi è uno dei membri fondatori del Brics, il club degli Stati emergenti, che sta coagulando attorno a sé il cosiddetto “Sud globale”. In questi due ambiti, da tempo, si osservano spinte preoccupanti anti-occidentali e terzo-mondiste.

La denuncia di Israele da parte di Pretoria alla Corte Internazionale del L’Aja per “genocidio” in Palestina, nel dicembre scorso, indica la volontà del Paese africano di giocare un ruolo da protagonista a livello mondiale.

I sondaggi pre-elettorali paiono non lasciare troppe speranze all’ANC, che nel 1994 si impose con il 63% delle preferenze e l’ultima volta nel 2019 con il 58%. La formazione che un tempo fu di Nelson Mandela è data al 40%. Troppi sono stati negli ultimi anni gli scandali e i problemi irrisolti. A cominciare dalla disastrosa presidenza di Jacob Zuma.

Corruzione, disoccupazione, criminalità sono vere e proprie piaghe sociali. Per non parlare dei perenni black-out elettrici.

Miliardi sono spariti dalle casse dello Stato. La compagnia aerea è in bancarotta e le ferrovie vivono un lunghissimo periodo di difficoltà. Il sistema sanitario fa acqua da tutte le parti.

La fine dell’apartheid ha regalato sì ai sud africani diritti politici e libertà, ma non è riuscita a sciogliere il nodo delle diseguaglianze. Dopo tre decenni non si è superato il disastro abitativo dei ghetti. La differenza tra ricchi e poveri rimane evidente - con il 20% dei primi che controlla il 70% delle ricchezze, mentre il 40% dei poveri solo il 7%. E’ forse il 2011 - l’anno dopo l’organizzazione del Campionato mondiale di calcio - l’anno spartiacque, in cui le energie per la ritrovata libertà sono iniziate a venire meno. Da allora, i principali dati economico-finanziari indicano un Paese che ha innescato la retromarcia.

E che non riesce, ad esempio, a capire come battere la disoccupazione, il cui tasso del 32,9% è per la Banca mondiale il più alto al mondo. Sono soprattutto i giovani a farne le spese di questa catastrofe, minando il futuro del Paese.

Spaventosi sono anche i tassi di criminalità con furti, omicidi e violenze contro le donne fuori controllo tanto che il presidente Ramaphosa ha parlato di cifre “da guerra”.

Appunto, grazie alla presidenza Ramaphosa l’ANC ha cercato di risollevarsi. “Le mele marce sono state buttate vie”, è uno degli slogan. Ma i giovani non ascoltano più gli anziani e non voteranno il partito di Mandela. Addirittura sono 52 le compagini che partecipano al voto di oggi tra cui sceglieranno i 27,6 milioni di elettori. Numerose formazioni hanno connotazioni locali - etniche e non sembrano in grado di avere grosso seguito a livello nazionale.

Ma a Città del capo Alleanza democratica (Da) del bianco John Steenhuisen ha già mostrato le sue capacità. Lo stesso il Freedom Party in altre regioni del Paese.

L’ANC dovrebbe essere quindi costretto ad un governo di coalizione. Ma con chi? E le opposizioni non tenteranno il colpo grosso accordandosi in funzione anti-ANC, come è già successo a Johannesburg dopo il 2021?

Frammentazione interna e incertezza in politica estera sono dietro l’angolo.

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