Era l’alba del 12 agosto 1944, quando la storia decise di passare da Sant’Anna di Stazzema sotto forma di tragedia, lasciando un segno di morte indelebile.
In quel minuscolo borgo della Versilia, i soldati tedeschi della 16ª Divisione SS Panzergrenadier “Reichsführer-SS”, guidati dal Gruppenführer Max Simon, compirono uno dei crimini di guerra più efferati della Seconda Guerra Mondiale. Con l’ausilio di alcuni collaborazionisti italiani della Repubblica sociale italiana, che vissero la cosa, per dirla con Giacomo Debenedetti, «con uno spirito e un’eccitazione da sagra di Paese», in poco più di tre ore massacrarono 560 persone, tra cui 160 bambini. A guerra finita il boia Simon scontò solo 9 anni di carcere e venne scarcerato nel 1954, oltretutto senza mai pentirsi.
Sant’Anna di Stazzema, immerso nel Parco nazionale della Pace, è oggi il borgo del silenzio e della memoria. Le nuvole basse sulle cime, il bosco e quell’atmosfera sospesa conservano quell’eccidio nella pietra, per non essere dimenticato. Qui, la popolazione fu annientata per spezzare ogni collegamento con le formazioni partigiane presenti nella zona. Non si trattò di una semplice rappresaglia, ma di un atto terroristico premeditato, curato nei minimi dettagli per soggiogare la volontà della gente a mo’ di esempio attraverso il terrore. Una vicenda intimamente connessa con la Costituzione antifascista, come ha detto con la solita lucidità il capo dello Stato.
Il monumento Ossario di Sant’Anna di Stazzema domina la vallata, testimoniando la tragedia. Film, documentari, libri e trasmissioni tv cercano di raccontare l’orrore di quel giorno, ma nulla è come visitare questi luoghi della memoria in prima persona. Il silenzio, il peso della storia, ci ricordano quanto l’uomo possa cadere in basso e che eccidi del genere possono sempre affiorare nel presente.
E chi ignora questa storia, o peggio, la nega, in fondo non è moralmente da meno di chi l’ha perpetrata. In questo borgo martire, la memoria si intreccia con la pace, ricordandoci che la civiltà e la pace devono sempre prevalere sull’odio e la violenza. Come ha sottolineato il presidente della Repubblica, «una grande eredità morale è stata lasciata dai sopravvissuti.
La Repubblica può qui riconoscere le sue radici. Quelle che, anche oggi, ci spingono a respingere le ragioni della guerra come strumento di risoluzione delle controversie» .
Un monito più che mai attuale in questi giorni dove le guerre e la follia disumana che non risparmia nessuno, nemmeno i bambini, sembrano prevalere. A Stazzema la Repubblica riconosce le sue radici. Dovremmo ricordarcelo più spesso quando parliamo della nostra Carta costituzionale. A Sant’Anna di Stazzema, tra le rovine di una tragedia, il ricordo delle vittime non può essere dimenticato. Crimine imprescrittibile: queste parole risuonano come campane a morto, richiamando alla mente le atrocità commesse. Non importa quanto tempo sia passato, la giustizia non può essere sottratta al suo compito. L’odio, come un parassita, cerca di radicarsi nei cuori, ma il testimone della memoria ci ricorda che la nostra strada è diversa. È la strada della civiltà, della compassione e della pace.
Il Capo dello Stato ha pronunciato parole sagge e necessarie. Sconfiggere chi fa crescere l’odio è un impegno collettivo, una lotta che richiede coraggio e perseveranza. Il testimone della memoria, come un fiammifero acceso nel buio, ci illumina mentre avanziamo in cerca di un futuro di pace.
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