La tragedia russo-ucraina va finalmente verso il suo epilogo più logico. Nessuno dei due contendenti è in grado di vincere sul campo di battaglia; è tempo di trovare soluzioni diplomatiche.
Del resto la comunità internazionale, stufa di questo inutile spargimento di sangue, esige ora il cessate il fuoco e la composizione pacifica di un dissidio d’altre epoche. Sia l’Occidente che la Cina con i suoi alleati stanno facendo la propria parte: qualcuno - diciamolo pure - pensando più ai propri interessi nazionali e meno a quelli collettivi di un mondo senza guerre. Le dinamiche globali sono mutate negli ultimi tre mesi. L’Occidente - che, secondo le previsioni sbagliate del Cremlino, si sarebbe sfaldato nel sostegno all’Ucraina - ha concesso a Kiev imponenti aiuti economici (al G7 in Puglia) e militari (al summit Nato a Washington), mettendo Zelensky nella condizione di continuare a combattere.
Cina, l’India e alcuni Paesi dell’ex Urss sono stati costretti a bloccare gran parte delle transazioni finanziarie con la Russia per evitare guai.
Il decreto Biden del dicembre 2023 ha infatti sancito il principio: o commerci con noi o commerci con Mosca. Dato che il mercato occidentale è ben più importante di quello russo, la scelta è stata conseguente. Harris o Trump alla Casa Bianca, cambierà poco. Il corso è già stato definito e anche il “tycoon” ha messo da parte le vecchie ruggini con Zelensky e si rende conto che gli elettori Usa non si fidano di Putin.Non è pertanto sorprendente che siano venuti alla luce i pre negoziati segreti tra russi e ucraini in Qatar, ora sospesi temporaneamente dopo l’incursione a Kursk delle truppe di Kiev.
Ma in questi terribili 3 anni non si sono mai interrotti i contatti tra i militari russi e americani, tra le rispettive agenzie di spionaggio e tra le varie diplomazie. Evitare la catastrofe e un incendio ancora maggiore è sempre stato l’obiettivo di tutti.
Le prove di dialogo e di fiducia tra Russia e Occidente si sono avute con il maxi scambio del 1° agosto scorso. Adesso si stanno cercando le formule per un futuro negoziato serio che possa porre definitivamente termine alla tragedia e non firmare altri “accordi di Minsk” come nel 2015. Putin è nervoso: sa che è in gioco il futuro della Russia e quello suo personale. «Non stringiamo intese con chi spara sui civili o distrugge le infrastrutture», ha già messo le mani avanti. Sa che il negoziato sarà “muscolare” e l’incursione di Kursk ne è la dimostrazione.
Appunto. Kursk. Dopo il 6 agosto la parola “mai” non è più attuale per la prima invasione di truppe straniere in Russia dal 1941. Lui - che si ispira a Ivan il Terribile, a Pietro il Grande e a Caterina II - dovrà inserire questo episodio negativo nella sua biografia. Zelensky ha mandato a Kursk le sue truppe d’élite e, pare, non abbia nemmeno tenuto riserve. Sa bene che l’autunno è alle porte, ma doveva colpire Putin nel vivo per smontare l’immagine del rivale agli occhi dell’opinione pubblica russa, ubriacata da un decennio di propaganda, ed indurlo alla pace. È un colpo al cuore la foto dei ragazzini russi di leva, poco più che adolescenti, in ginocchio e con lo sguardo basso, arresisi senza combattere.
Quella non è la Russia del futuro. Basta farsi un giro per Mosca il venerdì sera, seguire le gare internazionali di materie scientifiche o avere contatti con le centinaia di migliaia di giovani fuggiti all’estero per vederla. Saranno loro che gestiranno la “normalizzazione” della Russia. È tempo che anche i 70enni revanscisti prendano atto che il loro mondo non esiste più da un pezzo, dal 1991.
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