Cronaca
Mercoledì 28 Marzo 2018
«Il mondo digitale
salverà la natura
Se sarà usato bene»
Successo per le Primavere. Ospiti della serata il neurobiologo Stefano Mancuso e Simone Molteni, direttore scientifico di LifeGate
Priva di centri di comando, cooperativa e straordinariamente resistente: sembra la descrizione di una società ideale e impossibile, invece esiste, è il mondo vegetale. Le piante possono essere un modello alternativo e inesplorato sul quale progettare il futuro. Ieri sera Stefano Mancuso, neurobiologo vegetale, ha raccontato il favoloso mondo delle piante al pubblico che ha affollato il cinema Astra di Como per il terzo incontro della rassegna Le Primavere “Le piante hanno già inventato il nostro futuro. Flessibili, modulari e democratiche: un modello”.
Stefano Mancuso osserva e studia le piante, i loro comportamenti e li traduce in modelli preziosi che suggerisce alla tecnologia e, in fondo, anche alla nostra società. È professore all’Università di Firenze, dirige il Laboratorio internazionale di neurobiologia vegetale (LINV) ed è membro fondatore dell’International Society for Plant Signaling & Behavior.
Insieme a lui sul palco Simone Molteni, direttore scientifico di LifeGate, network impegnato nell’informazione sui temi ambientali e per le energie pulite. Molteni pone come priorità la sostenibilità e legge l’innovazione nella misura del suo impatto ambientale. Le piante come modelli per le tecnologie del futuro costituiscono un punto di convergenza tra i due ricercatori.
Il dialogo è stato condotto da Diego Minonzio, direttore di questo giornale, e la questione sul tavolo è stata: i modelli tratti dai vegetali possono aiutarci a capire come potrà evolversi l’intelligenza artificiale? Un mondo digitalizzato sarà più sostenibile e rispettoso dell’ambiente? E si è discusso su ciò che possono avere in comune intelligenza artificiale e natura.
«Ho avuto modo di lavorare al Politecnico di Losanna come ricercatore proprio sull’intelligenza artificiale quando ancora era uno strumento in embrione - è stato l’esordio di Simone Molteni - ho compreso che si trattava di una tecnologia adattiva. A differenza del software tradizionale che viene programmato, l’Intelligenza artificiale ogni tanto sorprende con soluzioni che sono inaspettate e sempre corrette, più efficaci di quelle che pensiamo noi. Già potevamo intuire che si era di fronte ad un potenziale incredibile, ma ancora non lo si poteva vedere come oggi». Nel frattempo sono successe cose come l’introduzione dei big data, fondamentali per la fase di apprendimento dell’AI, è aumentata la potenza e velocità dei computer e c’è stato l’avvento dei social media. Sembra non c’entrino nulla ma insieme all’AI creano una scintilla. Il digitale può parlare ad ognuno di noi, l’AI può analizzare il nostro profilo e può parlarci conoscendo le nostre paure, preferenze e desideri. Una connessione pericolosa che può orientare le scelte politiche o gli stili di vita e consumo. Si può usare l’AI per campagne di micro marketing su ogni singola persona. Oggi la parola chiave è o dovrebbe essere “responsabilità”.
«Nonostante i timori giustificati - ha continuato Molteni - il mio approccio al digitale è positivo: grazie alla digitalizzazione gli archivi di carta possono essere eliminati, quindi meno carta, meno energia. La digitalizzazione per chi ha a cuore la sostenibilità ambientale porta solo cose buone, ma dipende, come sempre, da come viene utilizzata». Il consumo energetico irresponsabile ne è un esempio ed è uno dei paradossi contemporanei.
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