Cronaca / Sondrio e cintura
Giovedì 01 Febbraio 2018
«Il medico di famiglia sta scomparendo
Ambulatori sguarniti nei piccoli paesi»
Marco Tam, segretario provinciale del sindacato dei medici italiani, lancia l’allarme. «Nei prossimi cinque anni decine di dottori in pensione, abbandonando molti territori in Valle».
«Il medico di famiglia sta scomparendo, in particolare in montagna»: è questo il grido d’allarme lanciato da Marco Tam, segretario provinciale del sindacato dei medici italiani. Nei prossimi anni, solo per fare qualche esempio, tre medici di famiglia in Valmalenco andranno in pensione, la stessa situazione si riscontrerà in Valchiavenna, mentre nell’Alto Lario, sempre secondo Tam «non si trovano medici di famiglia neanche a pagarli il doppio».
Se si pensa che in tutta Italia, secondo un articolo pubblicato nei giorni scorsi da “La Repubblica”, sui 670 posti per medico di famiglia messi a bando 400 sono rimasti liberi e solo in Lombardia i pensionamenti sono stati 300 nel 2017 a fronte dei soli 50 che erano stati previsti, si capisce come la situazione si possa fare ancor più delicata in provincia di Sondrio e non solo.
«Nei prossimi cinque anni - evidenzia Marco Tam - decine di medici andranno in pensione abbandonando molti territori periferici della nostra valle. Prevedo che molti ambulatori, specialmente nei piccoli paesi, resteranno sguarniti. Per motivi economici e di sovraccarico burocratico, infatti, è in corso anche una concentrazione di medici, che avviene però soprattutto nei grandi centri».
Questa situazione relativa ai medici di famiglia, secondo Marco Tam è stata determinata da fattori ben precisi: «Negli ultimi 15 anni - prosegue il segretario provinciale del sindacato medici italiani - tutti i Governi che si sono succeduti non hanno fatto nulla per sostenere e rilanciare il ruolo del medico di famiglia. In questo scenario nazionale nei prossimi cinque anni mancheranno 15 mila medici di famiglia, di cui più di duemila in Lombardia».
«Le scuola di specialità non raggiungono il numero minimo di iscritti e questo è grave: tutti i giovani medici si orientano verso gli ospedali. Ritengo grave anche l’atteggiamento di inerzia della Regione che chiede prestazioni aggiuntive senza compiere alcun investimento serio».
Per far sì che gli ambulatori non rimangano sguarniti servono interventi concreti: «Il mio sindacato - sottolinea Tam - propone alla Regione e al Governo centrale di modificare la loro politica con adeguati investimenti soprattutto nella formazione e motivazione dei giovani medici. È indispensabile che per le zone montane si preveda un incentivo economico rilevante, che per ora è stato concesso solamente ai medici ospedalieri, affinché continui il lavoro di cura e presa in carico soprattutto dei cronici nei paesi lontani dal fondovalle».
«Il medico di famiglia non è una professione “a basso rendimento”, ma la Regione dovrebbe investire negli ambulatori dei medici di famiglia in termini di servizio e personale, come avvenuto, ad esempio, in Veneto e Trentino - la considerazione del segretario provinciale del sindacato dei medici italiani -. Infine, sarebbe importante anche una maggiore programmazione e l’Ats della montagna dovrebbe prendere iniziative nei confronti della Regione, affinché si vada oltre i sei mesi di copertura attuale».
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