
Editoriali / Merate e Casatese
Martedì 12 Novembre 2013
Il lutto dei filippini “lecchesi”
«Morti mio fratello e sua figlia»
Il dolore di Cezar Tuazon che vive a Merate: «Aveva solo 27 anni». Unica consolazione: i corpi ritrovati. Mendoza: «I miei in salvo»
Arrivano con tutta la loro drammaticità anche a Lecco, le immagini della devastante distruzione e della scia di morte, lasciate nelle Filippine, dal tifone “Hayan” che ha causato 10mila morti e raso al suolo paesi e villaggi.
Immagini che commuovono, ma che gettano nello sconforto gli immigrati filippini che vivono nella nostra provincia da anni. Ma che nella terra d’origine hanno parenti e amici.
Da domenica, per molti di loro, hanno cercato in mille modi di mettersi in contatto con i famigliari per cercare notizie rassicuranti e sperare di sapere che tutti i cari sono al sicuro. Ma non è così.
Come ci racconta Jimmy Mendoza, che abita a Casatenovo e lavora a Milano per un’impresa di pulizie. «La mia famiglia vive qui, penso che siamo solo i nostri tre nuclei famigliari: il mio, quello di mio padre e quello di mio fratello, gli unici filippini di Casatenovo. Ma la famiglia di mia moglie risiede ancora là. In questi giorni abbiamo cercato in tutti i modi di metterci in contatto con loro. E grazie al cielo, lunedì ci siamo riusciti». E aggiunge: «Mio cognato, la moglie e i loro quattro figli, che vivono sull’isola di Samar sono tutti vivi. Sono riusciti a mettersi in salvo quando è scattata l’evacuazione, rifugiandosi insieme ad altri in palazzetto del basket insieme ad altri sfollati, ma hanno perso quel poco che avevano e la casa è andata in mille pezzi. Hanno paura perché potrebbe arrivare un altro tifone».
Cezar Tuazon, che vive a Merate ha ricevuto ieri notizie drammatiche. «I miei famigliari vivono a Tacloban city (città a 580 km a sudest di Manila, ndr), una delle località rase al suolo da tifone. La famiglia di mio fratello è stata evacuata e gli è stato detto di raggiungere un palazzetto dello sport. Lui, la moglie e i due figli pensavano di essere al sicuro. Ma non è stato così. Il palazzetto è stato inondato d’acqua e mio fratello e la sua bambina sono morti. Aveva solo 27 anni». L’unica consolazione è che i corpi dei suoi cari non sono dispersi, per cui riceveranno si spera, una degna sepoltura.
«Sappiamo che ora a Tacloban city serve di tutto, soldi e vestiti. Noi, della nostra comunità ci ritroviamo insieme una volta al mese. Vedremo cosa riusciremo a fare per raccogliere aiuti e riuscire a farli arrivare. Ma siamo preoccupati perché la situazione è drammatica e non possiamo fare molto, da qui».
© RIPRODUZIONE RISERVATA