Cronaca / Lecco città
Mercoledì 18 Dicembre 2024
Il designer Ceppi: «Serve uno sguardo oltre i ponti per raddrizzare Lecco, la nostra bella isola rovescia»
Qualche anno fa l’architetto Giulio Ceppi aveva scritto un racconto intitolato “L’Isola rovescia”. In questa sorta di libro bianco sui difetti dei lecchesi, l’isola rovescia è il lago, dimensione geologica e geografica che per i lecchesi, secondo Ceppi ovviamente, diventa una condizione esistenziale, che tende a separarli dal resto del mondo se non addirittura da loro stessi.
«Il passato si è come fermato e il futuro sembra non arrivare mai sull’Isola rovescia», scrive Ceppi. Lecco continua ad essere “sospesa” e senza una meta precisa?
«Il tema della sospensione è azzeccato. Lecco non solo è a metà tra passato e presente, ma si trova anche in mezzo tra Milano e l’ormai famoso brand del lago di Como. Milano è una città importante e rischia di fagocitarci, ma per noi è fondamentale. Cinquanta chilometri di distanza non sono niente se pensiamo alle metropoli americane o indiane, ma la nostra città non ha creato connessioni forti con il capoluogo lombardo. E purtroppo non li ha fatti neanche con il lago di Como. Questo è un peccato perché siamo baricentrici in entrambi i casi. E’ sicuramente un problema di cultura, dobbiamo imparare a guardare oltre il monte Barro, perché uno non vive di se stesso ma di rapporti. Intendiamoci, qualcosa è stato fatto, ma non vedo grandi sforzi».
Nel 2026 ci saranno le Olimpiadi. Riusciremo ad approfittarne?
«I giochi olimpici invernali del 2026 sono targati Milano-Cortina, ma molto si farà anche in Valtellina. Ebbene, anche in questo caso siamo in mezzo tra Milano e la Valle. Mi chiedo cosa stiamo facendo in proposito, perché i vantaggi di questa posizione non li vedo intercettati».
Una soluzione a tanti problemi potrebbe essere la “Grande Lecco”?
«Questo un tema che c’è in tutta Italia. Applicato a Lecco sarebbe un grande esercizio di semplificazione amministrativa. Avremmo una maggiore “potenza di fuoco” in quanto sarebbe più evidente la natura di “polo”, che riunisce in sé diverse realtà oggi parcellizzate in troppi comuni. In tempi come quelli che stiamo vivendo la frammentazione amministrativa non aiuta. Una provincia di 330 mila abitanti con 84 Comuni, parte già svantaggiata quando si tratta di fare un ragionamento sistemico. La proposta di una “Grande Lecco” o come la si voglia chiamare, credo sia la strada giusta per un’area vasta che voglia avere il giusto peso. Noi poi viviamo in un territorio densamente popolato, che ha dei limiti. In questo senso in futuro una diversa mobilità sarà necessaria e peserà sempre di più. Se non entreremo in questa logica, perderemo un altro treno e città come Monza o Vimercate avranno sempre più peso rispetto a noi».
Cosa vede come elemento che possa far fare un salto qualitativo al nostro territorio?
«Mi viene naturale pensare alla ciclopedonale di Abbadia Lariana, che dovrebbe essere realizzata nel 2025, ma che insieme agli architetti Paolo Bodega e Arturo Montanelli avevamo progettato vent’anni fa. Spero di vederla realizzata anche perché attualmente ad Abbadia si può andare in bicicletta, ma a rischio della propria vita. Con la ciclopedonale si rende accessibile una buona parte del lago».
Urbanisticamente parlando, Lecco è una città che non può consumare altro suolo. Cosa fare allora con le aree da recuperare?
«Lecco è compresa tra lago e montagne quindi è evidente che non può più crescere. Quello che però deve cambiare, anche nella ristrutturazione di edifici già esistenti, è la filosofia che ci sta sotto. Qui vedo una mancanza totale di idee urbanistiche: il giochino “centro commerciale più appartamenti” non regge più. Peraltro gli spazi edificabili ce li stiamo bruciando tutti, mentre mancano interventi rivolti al bene pubblico. Del resto, una città di cinquantamila mila abitanti che ha una sola biblioteca, due cinema parrocchiali e una piscina, dimostra nei fatti una mancanza di progettualità rivolta al bene comune».
Mi sembra veramente poco, anche perché cosa offriamo ai giovani?
«Ci vogliono spazi di aggregazione, non possiamo costruire solo centri commerciali, ci vuole qualcosa che serva alla città. A Lecco gli spazi ci sono, pensiamo all’Area Leuci o a Villa Eremo, ma ci vuole un pensiero sociale. Quando si parlava dello stadio avevo proposto di farne un luogo aperto alla città, integrandolo con altri servizi. E’ stata una proposta caduta purtroppo nel vuoto, perché è un bellissimo spazio che ha del potenziale. Peraltro lo stadio è del Comune di Lecco, per cui sarebbe interessante che proprio il Comune desse il buon esempio. Mi sembra, invece, che non ci sia la volontà politica».
Che cosa fare allora?
«Occorre pensare ad idee forti governate dall’alto. Lecco è attualmente una città in cui si dorme bene, ma non ci sono luoghi con un respiro sociale che favoriscano l’incontro tra le persone. Per creare questi spazi ci vuole una seria programmazione sul lungo periodo, che sia frutto di un progetto serio per la nostra città del futuro».
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