Bersani forse ha capito, finalmente, che gli italiani vogliono che si faccia politica e siano affrontati i gravi e numerosi problemi che affliggono il Paese; d’altra parte, forse teme che possa peggiorare (possibile?) il caos nell’armata Brancaleone, quella che continua a perseguire pervicacemente buoni rapporti con Di Pietro che gli sottrae simpatizzanti. Con la solita faccia compunta del primo della classe (che ha ereditato dai suoi predecessori), costretto a competere con gli ultimi, afferma che lui è pronto ad agire anche da domani, se sarà rispettata la «condizione» che siano affrontati i problemi fondamentali della nazione. Giusto, ma quali? Lavoro, fisco e previdenza. Per carità, non sarò io a dire che non siano problemi importanti, ma il primo mi sembra quello della scuola, che è alla base della formazione di tutti. Ma ora (e non da ora) mi sembra che il problema cui bisognerebbe dare priorità, con la massima urgenza sia la Giustizia, senza la quale una società civile non può reggere. E del suo coma se ne ha prova tutti i momenti. Perché senza Giustizia non si può avere un rispettabile ordine sociale e, quindi, ordine in qualsiasi campo. Per cui mi sembra che o ha le idee un po’ confuse sulle priorità reali (e ne dubito) o cerca scuse per non fare nulla.
Mario Grosso
Bersani s’è dato con massimo realismo alcuni obiettivi minimi. Il primo: andare alle prossime regionali oltre la soglia a rischio sfarinamento (26 per cento) toccata dal Pd alle ultime europee. Il secondo: limitare il danno di consenso (il centrosinistra governa in undici delle tredici regioni in cui si vota, gliene resteranno -se tutto va bene- la metà o poco più) stringendo pragmatiche alleanze, per esempio con l’Udc. Il terzo: ottenere gli obiettivi numero uno e due senza rompere il fragile equilibrio maturato dentro il partito nell’ultimo congresso e senza rompere (del tutto) i ponti con Di Pietro. Il quarto: avviare con Berlusconi un dialogo sulle riforme non per ingraziarsi il premier, ma per non cadere definitivamente in disgrazia presso l’elettorato moderato che del Pd non è ormai piccola parte. Riforme, con il Cavaliere a far da interlocutore, significa innanzitutto giustizia. E sulla giustizia Bersani non potrà mai sottoscrivere provvedimenti ad personam a favore del capo del centrodestra, ma potrebbe evitare d’esasperare i toni dell’opposizione, riservandosi d’abbassarli se si discuterà anche d’altro che non sia il processo breve e il legittimo impedimento. Persino l’immunità parlamentare potrebbe non essere immune dal venir presa in considerazione.
Max Lodi
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