Cara provincia
Giovedì 05 Febbraio 2009
Il caso Eluana: una resa anche per le certezze
La vicenda ha seminato dubbi giuridici e distribuito angosce intime
Non riesco a capacitarmi come sia possibile che un genitore possa rinunciare alla speranza e si affidi esclusivamente alla propria razionalità per decidere il destino di chi ama. Se possiamo ergerci a giudici della vita e della morte di un essere umano perdiamo un riferimento certo che consiste nel fatto che nessuno deve e può stabilire chi debba vivere o meno, neppure chi è titolare della propria vita. Infatti, se così fosse, si dovrebbe ritenere che il suicidio non sia più illegittimo e questa la ritengo una follia. Una scuola di pensiero che esclude chi non rientra negli schemi comuni di una società ci porta alla cultura che tutto ciò che è di intralcio deve essere considerato inutile e pertanto ne è giustificata l’eliminazione. Sono fortemente contrario alla condanna di Eluana Englaro, anche perché ci sono persone disposte ad accudirla e a farsi carico della sua sopravvivenza. Se sappiamo indignarci di fronte alle balene che agonizzano su una spiaggia, come è possibile togliere la speranza alla vita ad un essere umano rimanendo impassibili o, peggio, rassegnati?
Alessandro Milani
Denunciando la mia inadeguatezza a giudicare il caso di Eluana, posso rispondere il poco che segue alla sua appassionata lettera, caro Milani. La vicenda ha seminato dubbi giuridici e distribuito angosce intime, causato meditazioni riservate e smodate grancasse. Il silenzio e il rispetto sono stati un optional. La pietà, idem. La misericordia, pure. Valutazioni scientifiche a parte, rimangono quesiti irrisolti: per esempio (1) quale è il confine tra il diritto a vivere e il diritto a non soffrire, come lo si stabilisce, e se - ammesso di riuscirvi - tocchi ad altri che non sia il malato deciderne il valico; per esempio (2) quale tipo di legge debba essere emanata a tutela dell’opzione individuale a dire stop alla vita o se invece nessuna legge di nessun tipo abbia licenza d’esistere in tale materia. Ecco perché la tragedia degli Englaro, oltre a certificare la resa al dolore, sta testimoniando la resa a qualunque certezza. Ha posto molte precise domande, non ha ricevuto nessuna esaustiva risposta. Forse, religiosi o laici che siamo, vale ormai solo pregare perché prega anche chi non crede. Mario Tobino, un celebre psichiatra e scrittore, ha lasciato scolpite nell’animo dei suoi lettori queste parole: «O Dio, chiunque tu sia, o non esista, o trascorra solo come un concetto le nostre menti, benedici anche me». Se in questi giorni abbiamo un po’ di tempo, rileggiamo le intense poesie di Tobino. Ci aiuteranno a leggere meglio le cronache d’una così intensa pena.
Max Lodi
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