«Il caporalato qui non è di casa. Bisogna continuare a vigilare»

Il dramma del giovane bracciante indiano Satnam Singh, lavoratore in nero morto per omissione di soccorso dopo aver perso un braccio in provincia di Latina lavorando per l’azienda dell’indagato da anni per caporalato Renzo Lovato, ha riportato ieri i sindacati in piazza contro il caporalato, dal quale nemmeno un territorio a basso impatto di agricoltura come quello lecchese è immune.

Già dieci anni fa a Lecco faceva notizia il fenomeno diffuso anche sull’Alto Lago e in Brianza riferito dal Rapporto Agromafie e Caporalato dell’Osservatorio Placido Rizzotto. All’epoca si trattava di lavoratori rumeni e nordafricani sottoposti a diversi gradi e modalità di sfruttamento di manodopera nelle attività di floricoltura, manutenzione del verde e agriturismo.

In tutt’altro settore, si ricorda nel 2023 l’inchiesta sul “caporalato digitale” che ha investito il settore dei rider. Il responsabile della Uila-Uil del Lario, Paolo Castiglioni, ricorda che «la realtà agricola della provincia di Lecco oggi si riassume nella manutenzione del verde e negli agriturismo, settori con buona presenza di lavoratori stranieri ma che oggi – afferma Castiglioni - hanno contratti regolari, quindi corretti inquadramenti e retribuzioni Potrebbero esserci anche casi, ma per il tipo di osservatorio che abbiamo nel nostro ente bilaterale Ebat, l’ente bilaterale agricolo di Como e Lecco in cui sono rappresentati Confagricoltura, Coldiretti e Cia per la parte datoriale e Cgil, Cisl e Uil non ne rileviamo».

Per il sindacalista le commissioni di lavoro e la legge contro il caporalato (L. 199/2016), «che abbiamo spinto come Uil fanno oggi la differenza, anche se a contare è anche l’esistenza di un tessuto sociale sensibile al problema per creare una condizione di legalità diffusa che isoli il caporalato».

La segretaria generale della Flai Cgil di Lecco, Michela Magni, afferma che il sindacato è «sempre molto attento a monitorare la situazione del mondo agricolo. Noi cerchiamo di realizzare incontri nelle scuole sulla legalità e anche per spiegare le modalità utilizzate dai caporali per sottomettere i lavoratori, sottraendo loro documenti e permesso di soggiorno. Purtroppo al di là dell’ufficialità delle indagini esistono situazioni complicate, situazioni al limite, da tenere monitorate ma che sfuggono a controlli».

Controlli che, aggiunge la sindacalista, devono aumentare «attraverso scelte politiche differenti verso situazioni al limite dello schiavismo. Questo aspetto dell’agricoltura ha bisogno di più legislazione e anche di maggior politica. Comunque noi veniamo in contatto con questi lavoratori nel periodo di disoccupazione agricola, quindi verso la fine dell’anno: sono indiani, pakistani, marocchini e anche qualche italiano, tutti con documenti e contratti in ordine. Quindi per fortuna nel Lecchese non c’è riscontro di casi di sfruttamento».

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