Cronaca / Merate e Casatese
Giovedì 25 Febbraio 2016
I rifiuti della Perego
Il perché delle condanne
Cassago Brianza, depositate le motivazioni della sentenza del processo per il traffico illecito di rifiuti speciali - Il giudice: «Sistematica attività non autorizzata, trattati ingenti quantitativi»
«La Perego ha attuato in modo sistematico un’attività non autorizzata di trattamento di rifiuti, costituiti da macerie da demolizione e rocce da scavo, consistente nel conferirle nel proprio capannone di Cassago, trattarle con un trito-vagliatore e quindi trasformarle in materiale da vendere sul mercato e/o per proprie esigenze produttive». E ancora: «Il trattamento delle macerie e delle rocce da scavo ha riguardato quantitativi certamente “ingenti”, come risulta dagli accertamenti del Noe ».
Ma non basta: «La Perego ha trattato le rocce da scavo al di fuori di qualsiasi progetto, autorizzazione o permesso di sorta». E infine: «Il profitto che ne è derivato è certamente rilevante ed era tutto “in nero” perché conseguito al di fuori di ogni controllo».
Frasi estrapolate dalle motivazioni della sentenza con la quale, lo scorso mese di novembre, il presidente della sezione penale del tribunale di Lecco Enrico Manzi, in ruolo monocratico, ha condannato a due anni l’ex imprenditore cassaghese Ivano Perego, che sta scontando in carcere la pena residua dei 10 anni e 11 mesi complessivi irrogati per concorso esterno con la ’ndrangheta nell’ambito del processo Tenacia-Infinito.
Cinque condanne e sedici assoluzioni. Manzi aveva sostanzialmente tenuto conto delle richieste della pubblica accusa, il sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Milano Alessandra Dolci, chiudendo il lungo processo per l’ipotesi di reato di concorso aggravato in attività organizzate al traffico illecito di rifiuti speciali.
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