In un periodo in cui tutti dicono la loro sui costi della politica, una piccola riflessione voglio farla anch'io. La faccio riprendendo le parole di un politico di casa nostra, Giulio Boscagli, che sul Vostro giornale del 19 agosto diceva a tale proposito che «in Italia si è abituati ad affrontare questi problemi sull'onda emotiva dell'emergenza», poi ancora che «prima di accorpare i comuni bisognerebbe mettersi d'accordo sulle funzioni da attribuirgli» e infine che «bisognerebbe affrontare il problema con pazienza e raziocinio».
Mi chiedo: ma come può parlare così un esponente di spicco di un partito che esprime l'attuale Governo, il quale ha avuto una maggioranza "bulgara" per poter far passare tutte le riforme che voleva (e non l'ha fatto), e che ha avuto tutto il tempo possibile per non far arrivare l'Italia sull'orlo di un'emergenza mai così grave (e che invece ha aspettato fino all'ultimo dicendoci che andava tutto bene)? Ma forse questa è proprio la spiegazione del motivo per cui siamo arrivati fino a questo punto, in mano a politici che pensano che i problemi siano sempre da affrontare, ma solo a partire da domani...
Giuseppe Colombo
Lecco
La storia di questo strano Paese è tale che non basta avere maggioranze bulgare. L'unico che riuscì a ridurre il numero dei Comuni fu Mussolini che, converrà, non era certo un esempio di riformatore democratico. E, comunque, a distanza di 80 anni, gli abitanti di Castello o di Acquate o di Maggianico, quando scendono in centro, continuano a dire che «vanno a Lecco». Il Parlamento non è che lo specchio del Paese. Ogni riforma - che arrivi da destra o sinistra - si infrange sullo scoglio delle corporazioni. Che si chiamino notai, avvocati, taxisti, giornalisti o, ancora peggio, politici. Per questo Boscagli ha ragione. Isindaci «accorpati» del Lecchese costano 2 parlamentari. Non si fa prima a tagliare quelli?
Ernesto Galigani
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