sono un vecchio gucciniano, dei tempi di via Paolo Fabbri 43, e lo scorso venerdì sono andato a Varese per ascoltare quello che forse è stato l'ultimo concerto in terra di Lombardia del grande Francesco. Mi ha commosso vedere un palasport pieno di ragazzi in delirio per un idolo che anagraficamente potrebbe essere il loro nonno, ma la musica mantiene un mito senza età.
A vederlo sul palco, con una camicia “garibaldina”, la barba e i capelli brizzolati e il corpaccione dinoccolato, ho capito una volta di più come le passioni mantengano giovani e ciò che una persona ha dentro spinga sempre per balzare fuori, anche quando pensiamo che il tempo non sia più quello adatto.
Guccini ci ha regalato, una volta ancora, una lezione di coerenza e di stile, un insegnamento profondo proprio per quei ragazzi che un po' ingenuamente alzano il pugno chiuso alle note della “Locomotiva” e pensano, come noi allora, di poter migliorare un poco questo nostro mondo nel nome di un'idea, giusta o sbagliata che sia.
Grazie Francesco per quel tuo essere sempre uguale e sempre diverso, bardo di un'Italia sicuramente più semplice e schietta, limpida e forte come le montagne dove sei nato.
Giorgio Marini
Lecco
Caro Marini,
Francesco Guccini, come del resto Paolo Conte, è invecchiato bene, mantiene e alimenta continuamente il suo “personaggio”, passando indenne da una generazione all'altra e anzi aumentando il numero dei fan proprio tra quelle più giovani, per le quali rappresenta un rassicurante genitore o un vecchio zio saggio che però non “fa la morale”. Anzi, invita a una moderata anarchia, quella del vivere appena un po' fuori dalle regole difendendo la propria integrità mentale, e a non lasciarsi omologare dalle leggi del consumo e dell'apparenza. Diceva Longanesi: «Si nasce incendiari, si muore pompieri». Guccini è ancora un discreto piromane.
Vittorio Colombo
[email protected]
© RIPRODUZIONE RISERVATA