mio figlio, che studia pianoforte ed è appassionatissimo di musica, mi ha ricordato che quest'anno cade il centenario della scomparsa di Giulio Ricordi, che a suo tempo portò la casa editrice musicale ai massimi livelli mondiali.
Il “scior Giüli” è stato, oltre che l'editore di Verdi e Puccini (per quest'ultimo fu come un padre, a volte anche severo) giornalista e direttore della rivista “Musica e musicisti”, giudicata al tempo la più elegante d'Europa, acquerellista e soprattutto validissimo compositore, con lo pseudonimo di Jules Burgmein. Verdi disse di lui: «tra i giovani l'unico a conoscere veramente la musica è Giulio Ricordi» ed effettivamente il compositore fu sacrificato dalla grande mole di lavoro che doveva svolgere l'editore.
Di Giulio Ricordi non rimane quasi traccia, non c'è un libro a lui dedicato, ma soltanto una statua, a Milano, in cattivo stato e in mezzo alle sterpaglie. Il nostro Paese si distingue sempre per dimenticare chi ha contribuito a renderlo più grande con il lavoro e la passione di una vita.
Mario Spreafico
Lecco
Caro Spreafico,
Giulio Ricordi è stato il prototipo dell'imprenditore lombardo tra otto e novecento, schivo e riservato, grande lavoratore, ottimo “diplomatico”, capace di convincere Giuseppe Verdi - mandandogli ogni Natale, assieme al panettone, un moretto di cioccolato - a comporre l'”Otello”.
Di uomini come lui si è perso lo stampo da molto tempo, come della borghesia illuminata del secolo scorso, capace di unire alle capacità imprenditoriali l'amore per la cultura e il mecenatismo. Grandi dinastie come quella dei Ricordi hanno contribuito a svecchiare l'allora neonata Italia, e Giulio ne fu l'intellettuale di punta, capace di conciliare lavoro e passioni, famiglia e amicizie. C'è da sperare che almeno Milano gli porti l'omaggio dovuto dopo un secolo di oblio.
Vittorio Colombo
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