Da sempre esiste il meccanismo della raccomandazione per trovare lavoro ma, finché non mi ci sono scontrata in prima persona, non credevo si trattasse di un fenomeno tanto dilagante. Credevo che una laurea triennale e una specialistica, conseguite entrambe col massimo dei voti entro il venticinquesimo anno di età, unite a tanta buona volontà, fossero sufficienti per trovare un lavoro. E invece no. Visto il periodo di crisi, le aziende e gli istituti vari assumono poco e, quelle poche persone che prendono, sono spesso raccomandati. Con la semplice meritocrazia si raggiunge ben poco. Qualcosa si trova, ma si tratta sempre di posti di lavoro non pagati o sottopagati, stages, contratti a tempo "determinatissimo" e ottenuti con cento fatiche in più rispetto al raccomandato, che si accaparra i posti migliori e più stabili. Non smetto di sdegnarmi quando mi trovo di fronte a certi fenomeni. Parlo di concorsi di cui si sa già il nome del vincitore prima ancora che si tengano le prove, di concorsi per i quali il "favorito" ha già in mano le domande, di aziende che mi hanno dichiarato che non stanno assumendo perché c'è la crisi e un mese dopo assumono un mio conoscente che mi racconta essere stato raccomandato dal padre. Lo so che non scopro l'acqua calda però a tutto c'è un limite: quando vedo che prendono persone che non hanno nemmeno il titolo di studio adatto o la necessaria esperienza, che hanno la metà dei miei voti col doppio dei miei anni, allora mi arrabbio davvero.
Bianca M.
Bianca chiede di pubblicare la lettera in maniera anonima, perché non vorrebbe che quanto ci racconta pregiudicasse ulteriormente la sua ricerca di un lavoro. È un'umiliazione in più, l'immagine finale d'una sequenza che non necessita di commenti tranne quello di darle, purtroppo, ragione piena. Si chiede ai giovani di guardare al futuro con ottimismo, di mettere a disposizione del Paese intelligenza e volontà, di essere meno bamboccioni e di mettersi in concorrenza con gli stranieri. Ma poi si agisce al contrario, penalizzando chi studia con passione, offre garanzie di competenza, si mette in gioco rispettandone seriamente le regole. In molti casi nulla di tutto ciò viene ripagato come meriterebbe. E succede - episodio segnalato ieri - che laureati in economia e commercio si vedano costretti, per guadagnare qualche euro, a fare il postino a tempo determinatissimo: tre mesi. Sono queste le lettere spedite dall'Italia.
Max Lodi
© RIPRODUZIONE RISERVATA