L’abolizione delle province ha provocato una confusione di cui non sentivamo la necessità. Per quanto riguarda la nostra regione è chiara una sola cosa: la divisione territoriale non sarà più quella delle dodici province ormai defunte, le grandi aree o aree vaste, che le sostituiranno saranno numericamente inferiori. Detto questo si è scatenata da tempo la ridda delle ipotesi sui futuri accorpamenti, l’ultima delle quali è stata presentata dal presidente della nostra Regione, Roberto Maroni.
L’ipotesi avanzata è quella di una divisione in otto cantoni sul modello svizzero. Fin qui niente da dire, che si chiamino cantoni o aree vaste, cambia poco, quello che lascia molto perplessi, per non dire altro, è la divisione che ci riguarda. Lecco farebbe parte del Cantone della Brianza che si estenderebbe da Premana a Colico sino a Monza. Como, invece, sarebbe inserito nel Cantone dell’Insubria con la sua parte di lago sino a Varese. Ora, non vogliamo aggiungerci agli strateghi che intendono tracciare i nuovi confini delle aree vaste, ma ci sembra che in questo modo il pasticcio sia totale.
L’impressione, guardando la nuova cartina degli otto cantoni, è che qualcuno abbia giocato a Risiko e la sorte legata ai dadi abbia spezzettato sadicamente il povero lago di Como. C’è chi ha vinto la Lecco manzoniana, ma ha irrimediabilmente perso Como, neanche fosse la penisola di Kamchatka, che si sa a Risiko è strategica. Quello che lascia interdetti è proprio lo spezzatino a cui è stato sottoposto il lago di Como, diviso tra i Cantoni della Brianza, dell’Insubria e della Montagna, neanche fosse una realtà accessoria.
Al di là di ogni ragionamento, crediamo che una realtà anche geograficamente consolidata sia proprio il lago di Como. Come ci ha detto Andrea Vitali, «questa pozza d’acqua è l’ombelico di un micromondo che è coerente in se stesso; dividerla nei due cantoni dell’Insubria e della Brianza mi sembra veramente un abominio; vuol dire non rendersi conto di quella che è la realtà. Non c’è niente di più simile a chi abita su questo lago».
Si tratta di una coerenza territoriale che ha evidenti ragioni per rimanere coesa; lo reclamano questioni umane, storiche ed anche economiche. A questo proposito si pensi solo al turismo, che ha in questo lago un brand ormai conosciuto in tutto il mondo. Avvicinare i due rami per consolidarne l’immagine ed aumentare le strutture parrebbe il minimo ed invece il Risiko regionale prevede esattamente il contrario.
Se, poi, vogliamo unire le ex province di Lecco e Como a Monza va benissimo, ma ci sembra proprio sbagliato dividere la nostra «pozza d’acqua» per decreto. Non si vuole con questo difendere chissà che cosa, semplicemente si vorrebbe vedere una certa coerenza ed anche un minimo di buon senso. La verità è che avremmo gradito un percorso più razionale e programmato negli accorpamenti che riguardano le province ma anche tante altre realtà istituzionali e associative. Sembra, invece, che ciascuno vada per la sua strada senza una strategia precisa e di questo passo la confusione, di cui si parlava all’inizio, va aumentando.
Per nostra fortuna quella dei cantoni è una proposta su cui si potrà discutere per un anno intero. La speranza è che Lecco abbia la forza di farsi sentire e di far valere le sue ragioni, in caso contrario dovremo digerire decisioni altrui, che non sembrano voler considerare la realtà esistente. Quelli di Colico e di Premana, intanto, si preparino, a fine anno potrebbero diventare brianzoli.
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