Gatti e microchip è scattato l’obbligo. «Ma è anche utile»

La legge regionale. Ogni animale deve esserne dotato se nato dopo il primo gennaio, compresi i randagi. Il veterinario: «Un passo decisivo contro gli abbandoni».

Dal primo gennaio 2020 è legge regionale: ogni gatto deve essere dotato di microchip. Ad ogni felino viene assegnato un codice univoco, che lo collega al proprietario nella banca dati di Regione Lombardia. Uno strumento decisivo in caso di smarrimento o necessità di dimostrare la proprietà dell’animale. Dai primi commenti tra gli addetti ai lavori è stato promosso a pieni voti il provvedimento che rappresenta una novità ed è contenuto nel Piano regionale integrato della sanità pubblica veterinaria 2019-2023, approvato in primavera, che vale per tutti i gatti appena nati, appena adottati o appena comprati.

«In questi primi giorni dell’anno sono stati quasi una decina i gatti a cui abbiamo messo il microchip su richiesta della sezione provinciale dell’Enpa» dice Patrizia Pircher, direttore sanitario della Clinica veterinaria di via Bormio a Sondrio.

Nessun privato cittadino per ora si è fatto avanti: «Chippare il proprio gatto è un importante gesto di civiltà e di responsabilità - sottolinea la veterinaria -: vuol dire che chi lo porta a casa, sia che si tratti di un animale adottato oppure comperato, ne è responsabile sotto ogni punto di vista e non può sbarazzarsene se si stufa o si accorge di non poterlo gestire». Il provvedimento di Regione Lombardia non è retroattivo. Ciò significa che chi già convive con un gatto non è tenuto ad ottemperare l’obbligo licenziato dal Pirellone. Prima dell’entrata in vigore l’applicazione del microchip, un circuito integrato sottocutaneo, era facoltativa per la maggior parte dei proprietari di gatti e obbligatoria solo per gli esemplari con passaporto per andare all’estero, quelli di razza e quelli randagi di colonie riconosciute.

«In passato non era prassi. Il dispositivo veniva messo a molti gatti di razza, ma non a tutti – prosegue Pircher - e ai gatti, che espatriano, essendo un obbligo di legge per quelli con passaporto».

Comunque sia una prassi consigliata soprattutto alla luce del fatto che molto più dei cani, i gatti, da veri felini quali sono, amano girovagare in solitaria e concedersi passeggiate magari anche lontano da casa, con il rischio di perdersi oppure di cadere vittima di incidenti.

«Questo è un provvedimento che nasce da un’esigenza precisa: sino allo scorso anno il gatto non era regolamentato, a differenza ad esempio di cavalli e cani per i quali l’obbligo del chip è in vigore da tempo – aggiunge la veterinaria -. Il gatto è un animale domestico e non selvatico, ma non era ancora regolamentato».

Se si trova un gatto investito, «non è mai di nessuno e i costi cadono sulla pubblica amministrazione. Tutti gli oneri sono a carico dello Stato». Mentre adesso con questa inversione di tendenza le cose cambiano, «anche se prima che entri a pieno regime e si vedano risultati - è l’opinione di Pircher - ci vorranno anni. Bisognerà pazientare, ma è un ottimo segnale, che traccia la giusta via per contrastare fenomeni quali randagismo e abbandoni», presenti anche sul territoiro valtellinese. Un uso non frequente, «ma furbo - il consiglio della veterinaria - è chippare i gatti per consentire l’entrata selettiva di quelli di proprietà nelle case dotate di gattaiola, che si aprono solo per i chip registrati».

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