Cronaca / Circondario
Martedì 03 Novembre 2015
Finì in cella per tentato omicidio
Ora lo Stato lo deve risarcire
L’uomo di Malgrate venne assolto da tutte le accuse
La Corte d’Appello di Milano ha stabilito una somma di circa 50mila euro
Dopo l’assoluzione, il risarcimento del danno per l’ingiusta detenzione. L’operaio malgratese di 35 anni era finito sotto processo con la pesante accusa di tentato omicidio per quanto avvenne in una notte di ottobre del 2010.
Per l’accusa, l’uomo avrebbe infatti lasciato aperti i rubinetti del gas metano della cucina dell’appartamento della donna rumena con cui si vedeva da qualche mese, nel quartiere Gaggio, con il chiaro intento di far esplodere la casa e uccidere la giovane. Accuse da cui è stato completamente scagionato, con l’assoluzione con formula piena pronunciata dal collegio del tribunale di Lecco, presidente Ambrogio Ceron, nell’ottobre di tre anni fa.
Ora l’avvocato difensore del malgratese, la penalista Marilena Guglielmana, ha ottenuto un consistente risarcimento dallo Stato per l’ingiusta detenzione sulla base di una sentenza della quinta sezione della Corte d’Appello di Milano, cui si era rivolta: nonostante il parere negativo del procuratore generale, i giudici hanno stabilito che l’uomo (che, dopo due giorni in carcere, ne trascorse 363 agli arresti domiciliari) venne arrestato a fronte di accuse deboli e pertanto debba ricevere una somma pari a poco meno di 50mila euro.
«Sono evidentemente molto soddisfatta per la decisione della Corte d’Appello - è il commento dell’avvocato Guglielmana -. Il mio assistito ha patito una lunga restrizione della libertà personale senza aver commesso alcunché, come hanno stabilito i giudici».
«Il fatto non sussiste»: con questa formula l’uomo era stato assolto dall’accusa di tentato omicidio aggravato dall’odio razziale. Aveva incontrato la giovane straniera con cui aveva allacciato una relazione amorosa qualche mese prima dei fatti contestati, in primavera, tramite un’Agenzia matrimoniale di Varese. Il pubblico ministero Cinzia Citterio , che aveva ereditato il fascicolo dal collega Luca Fuzio, nella sua requisitoria aveva chiesto una condanna a sette anni di reclusione, rilevando che il caso «si basa solo sulle le dichiarazioni della parte offesa. Ma le ritengo attendibili ».
Nell’arringa aveva invece insistito per l’assoluzione l’avvocato Guglielmana: «Siamo in presenza di un reato impossibile. Non c’è uno straccio di una prova. Ci sono solo le parole della denunciante». Al collegio erano bastati 50 minuti per decidere l’assoluzione.
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