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Giovedì 30 Maggio 2013
Edilizia in crisi profonda
Cancellati altri 1.200 posti
Un altro pesante bilancio per l'occupazione fra glie dili, e intanto arriva una denucnia: le poche opere pubbliche vengono realizzate anche con materiali provenienti dall'Asia e dal Brasile
SONDRIOPer l'edilizia non c'è fine al peggio. Continua la crisi: ora i posti persi sono 1.200 solo nei cantieri. E intanto le poche opere pubbliche vengono realizzate anche con materiali provenienti dall'Asia e dal Brasile. Ieri i segretari generali delle federazioni sindacali degli edili di Cgil, Cisl e Uil hanno presentato un'analisi della situazione attuale che non lascia spazio a dubbi.
I sindacalisti Mauro Romeri (Fillea-Cgil), Giordano Iobizzi (Filca-Cisl) e Sergio Clari (Feneal-Uil) hanno illustrato i dati della crisi osservata nei cantieri.
«Il nostro settore ha pagato un prezzo pesantissimo. Nel 2008 erano attivi in Cassa edile 3.397 lavoratori e 901 imprese. Nel 2012 le ditte sono diventate 728 e a marzo di quest'anno i dipendenti erano 2.200. C'è un calo proporzionale anche nell'indotto. Per quanto riguarda le ore di lavoro, nel giro di cinque anni di è passati da 6 milioni a 4,2 milioni. La differenza fra il mese di marzo del 2008 e quest'anno fa evidenziare un crollo: si è passati da 461mila a 270mila ore. A livello di massa salariale, c'è stata una diminuzione di 10 milioni di euro all'anno, da 54 milioni a 44. Aumenta solo il ricorso alla cassa integrazione. Purtroppo gli ammortizzatori sociali non vengono più utilizzati solo per il maltempo. Più del sole, manca il lavoro».
Poi hanno aggiunto che si sono persi posti anche negli stabilimenti, citando Gab, Marmi graniti e Marmi Pedrotti.
In un contesto complicatissimo, a volte anche le istituzioni operano in modo poco comprensibile. «Il nostro sasso deve essere utilizzato nei cantieri delle opere pubbliche. Assistiamo a situazioni incomprensibili: invece di usare materie prime provenienti dalla Valtellina, si fanno piazze e strade con pietre provenienti dall'India, dalla Cina e dall'America Latina».
Secondo i sindacati si assiste a un aumento dei lavoratori che entrano in cantiere come titolari di partita Iva, operando strettamente legati a un'azienda che fa da capofila. Ma non si tratta di imprenditori: sono ex dipendenti costretti a mettersi in proprio per potere lavorare. «Questo fenomeno è stato originato dalla continua corsa al risparmio - ha aggiunto nel suo intervento di ieri mattina Romeri -. Come se non bastasse, osserviamo una diffusione sempre maggiore di salari non pagati e di contratti diversi da quello dell'edilizia. Incontriamo in cantiere lavoratori assunti come metalmeccanici o addetti ai trasporti».
Il sindacato ha definito alcune priorità, rivolgendosi anche alle istituzioni. «Ci sono opere per le quali i soldi sono stati stanziati, ma i cantieri non partono. Ci riferiamo al secondo lotto della statale 38. Inoltre è necessario riqualificare gli antichi nuclei attraverso delle puntuali ristrutturazioni. In questo modo, utilizzando materie prime come sasso e legno, si porterebbe avanti anche un discorso di sostenibilità».
Un'ultima preoccupazione - non in termini di rilevanza, ma solo cronologica - è rappresentata dal rischio di dumping sociale. Qualche anno fa si parlava di idraulico polacco, ora c'è la paura del manovale rumeno. È non è una questione di razzismo o discriminazione. «Stiamo tornando ai tempi della Bolkestein - sottolinea Clari -. Ci sono pressioni sempre maggiori per consentire ai lavoratori originari di un Paese comunitario di lavorare in un altro Stato con i salari della propria nazione d'origine. Si rischia il caos: avremmo in Italia lavoratori di una ditta di Bucarest con il contratto rumeno. Fra due settimane saremo a Strasburgo per opporci a questa ipotesi».
In mezzo a tanti problemi, Iobizzi ha citato alcuni esempi di azioni positive portate avanti dalle aziende.
«Si sono osservati anche esempi di responsabilità sociale degli imprenditori che hanno affittato rami d'azienda e hanno evitato la chiusura.
Ci sono stati esempi di aziende che hanno sostituito i tetti in cemento amianto, quelli caratterizzati dalla presenza delle onduline in Eternit, con impianti fotovoltaici. Mi riferisco a Zecca e Rainoldi, solo per citare due esempi significativi. In alcune realtà si sono messe in campo delle buone prassi anche sul fronte della filiera bosco-legno, ad esempio grazie alla disponibilità di aree boschive da sfruttare sulla base di programmi curati dai Comuni».
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