«Ecco perché la piena non ha fatto danni»

Dervio I progettisti dell’intervento sul torrente Varrone spiegano i motivi per i quali il paese si è salvato

Quando, nella notte fra martedì e mercoledì scorso, il maltempo è tornato ad abbattersi sulla Valvarrone, in molti a Dervio hanno temuto che potesse ripetersi quanto accaduto a giugno 2019, con l’esondazione del torrente e il conseguente allagamento di un’ampia area del paese.

Nulla di tutto ciò è accaduto. Ma non si è trattato di fortuna.

Venti metri

Se la piena del Varrone non ha causato danni, è stato merito delle opere di difesa realizzate nel greto del torrente, a monte del paese. «Il progetto ha portato alla realizzazione di due barriere in rete metallica ad anelli, della tipologia impiegata per contenere le colate di fango e terra - spiegano l’ingegner Claudia Anselmini e il geologo Cristian Adamoli, dello studio Protea di Dervio, che hanno curato l’intervento -. Sono state usate in quanto si presentava l’esigenza di trattenere il legname trascinato dalle acque del Varrone. In questa zona, infatti, generalmente non si innescano colate di fango, ma a giugno 2019 si è visto arrivare a valle tantissima legna, anche tronchi di notevoli dimensioni».

Guardando all’intervento attuato sul Varrone, le reti sono state posizionate in due punti. «Sono state stese su tutta larghezza dell’alveo - continuano i progettisti -. La più grande è a monte, con un’estensione di venti metri; mentre quella più a valle è di circa 15 metri. Entrambe sono alte tre metri e sono state posate a un’altezza dal fondo dell’alveo di circa 80 centimetri-un metro: in questo modo lasciano defluire l’acqua, sia in condizioni normali che in caso di piene di piccole dimensioni, garantendo il passaggio degli animali. Entrano in funzione solo quando il livello dell’acqua si alza in maniera significativa, come successo pochi giorni fa».

Analizzando il funzionamento delle reti è importante anche sapere che le stesse sono assicurate lateralmente, tramite ancoraggi lunghi sei metri, e sono dotate di un sistema di freni come quelli delle barriere paramassi, che quando vengono impattate si deformano.

Nello specifico dell’evento di martedì notte, i freni non sono entrati in azione. «Non lo hanno fatto perché non è stato necessario - sottolineano i tecnici -. Questo dimostra come le reti siano in grado di sopportare eventi con apporto ancora maggiore di materiale. Sono dimensionate per trattenere fino a 1.000-2.000 metri cubi di legna e anche per essere scavalcate: se a monte vengono riempite di materiale, le reti non bloccano l’acqua, ma hanno un’altezza tale per cui possono essere scavalcate dalla piena, mentre quest’ultima viene comunque contenuta degli argini, che impediscono l’esondazione».

Doppia funzione

A ciò si aggiunge un altro elemento rilevante: “L’altra sera, quando il livello dell’acqua ha iniziato a salire, le reti hanno avuto una doppia funzione: la trattenuta del legname, e l’effetto di laminazione: ossia, hanno rallentato il deflusso della piena, evitando che creasse problemi a valle”.

Passata la piena e comprovata la validità delle opere di difesa, resta il legname bloccato dalle briglie. Per questo è stato previsto un sistema per la manutenzione: all’inizio della conoide, è stata creata una pista, che dalla Sp67 scende nell’alveo. La barriera più grande è raggiungibile con mezzi da cantiere, mentre la barriera a valle si raggiunge con una rampa passando dall’alveo. La manutenzione ordinaria si può fare semplicemente con l’impiego di una motosega. Per rimuovere legname di maggiori dimensioni si possono utilizzate mezzi di cantiere dotati di braccio meccanico.

I lavori per la realizzazione dell’opera, iniziati a maggio 2022 e conclusi a marzo 2023, hanno richiesto un investimento di circa un milione di euro, affrontato anche grazie al contributo di Regione Lombardia.

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