Cronaca
Martedì 23 Luglio 2013
Donna dolce e forte
Ha lottato fino alla fine
Nel 2012 con una coalizione di centrosinistra vince le elezioni a Cardano al Campo, divenendo la prima donna alla guida del Comune. Disse: «Chiamatemi sindaca»
«Mio padre mi racconta di un bambino che abitava vicino a lui, quando era piccolo, si chiamava Beniamino. E una mattina non ha più visto né lui né la sua famiglia».
Erano i giorni bui delle leggi razziali, delle deportazioni nei campi di concentramento. E Laura Prati l’aveva raccontato, quel ricordo di suo padre, nella biblioteca di Cardano al Campo, introducendo un incontro per il giorno della memoria. Andando a ripercorrere una storia che era anche parte di sé, parte di una persona a cui voleva bene. Sottolineando con forza la necessità di non dimenticare. E di essere sempre al fianco dei più deboli. Con coraggio.
Lei, Laura, di coraggio ne ha. E anche oggi viene spontaneo non usare il passato.
Nel 2012 con una coalizione di centrosinistra vince le elezioni a Cardano al Campo, divenendo la prima donna alla guida del Comune. E, dizionario alla mano per rispondere a chi davanti a quella scelta storceva un po’ il naso, durante un consiglio comunale ha spiegato per filo e per segno perché aveva scelto di farsi chiamare ”sindaca”. Che pure dal dizionario è accettato.
Laura Prati e le sue scelte per le donne. Per i bambini. Per i deboli. La cultura, la società. Prima che sindaca, politicamente parlando, è stata consigliere e poi assessore a Cultura, Pubblica istruzione, Pari opportunità e vicesindaco, forte sostenitrice dell’importanza di avere sul territorio comunale una sede del Filo Rosa Auser in aiuto alle donne maltrattate. E presidente provinciale del Pd, partito nel quale militava. La sezione di Cardano al Campo ha immediatamente sospeso la festa democratica che era in programma per questo e per il prossimo fine settimana all’area di via Carreggia. Anche se nessuno, adesso più che mai, vuol lasciar perdere quei progetti a cui lei teneva. In cui ci metteva la faccia in prima persona. Laura, dolce e forte, coraggiosa e sincera. La sindaca. La moglie. La mamma. L’amica.
Dopo l’operazione del 2 luglio all’ospedale di Gallarate, per estrarle dall’addome i proiettili che le aveva sparato addosso l’ex vigile Giuseppe Pegoraro, seppur restando in prognosi riservata e in terapia intensiva, Laura Prati si era ripresa.
Poi, una settimana dopo, l’intervento al Circolo di Varese per trattare una fistola arterovenosa a livello di un’arteria dell’addome inferiore. Trattamento, comunicava l’ospedale, «regolarmente condotto», ma «al termine della procedura si è manifestato un deterioramento del quadro neurologico». Un’emorragia intracranica, sulla quale si era intervenuti immediatamente. Le condizioni sono rimaste sempre «estremamente gravi». Anche se i familiari avevano sperato in quel suo reagire agli stimoli neurologici, rispondere con gli occhi. Pur restando cauti. Ma poi il peggioramento «negli ultimi due giorni», confermava ieri l’ospedale. Accanto a lei c’è sempre stato il marito Pino Poliseno.
Forte, come Laura. Coraggioso, come Laura. Che nei giorni dopo l’emorragia intracranica le continuava a parlare, continuava a stimolarla e a sperare in quei piccoli segni. Che per tutti quelli che le vogliono bene sono stati speranza sino in fondo. Sino a una fine che non vorresti dover scrivere.
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