Cronaca
Giovedì 11 Maggio 2023
Dongo, saluto romano e “presente” in ricordo dei gerarchi fucilati: tutti assolti «perché il fatto non sussiste»
Sentenza La decisione del tribunale di Como riguarda due imputati e segue le 23 assoluzioni di gennaio per la cerimonia del 26 luglio 2020
Le motivazioni non sono note e si sapranno solo in estate. L’avvocato Antonio Radaelli, che assisteva i due imputati, aveva però sostenuto in aula che il saluto romano fatto nel corso di una commemorazione non sia punibile. In attesa si comprendere meglio l’accaduto, mercoledì 10 maggio intanto sono arrivate due assoluzioni, che seguono altre 23 decisioni dello stesso tipo che erano state prese a gennaio sempre dal Tribunale di Como.
A finire nei guai, per fatti che fanno riferimento al 26 luglio 2020, erano stati un quarantanovenne di Cassina Rizzardi e un cinquantaquattrenne di Cinisello Balsamo che erano stati accusati di aver fatto il saluto romano durante una «cerimonia pubblica organizzata in memoria dei 15 gerarchi fascisti fucilati» a Dongo nell’aprile del 1945. Erano insomma accusati di aver violato la legge Mancino che punisce l’incitamento all’odio e alla violenza e la discriminazione per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali.
Secondo il capo di imputazione della procura di Como, non accolto dai giudici, nella cerimonia sul lungolago di Dongo «durante la lettura scandita dei nomi dei gerarchi, posizionati sull’attenti», avevano alzato il braccio destro effettuando il cosiddetto saluto romano urlando anche “presente”. Il fascicolo originario aveva contato su 25 nomi, 23 dei quali erano già stati assolti lo scorso mese di gennaio sempre dalle stesse accuse. Rimanevano i due nominativi citati che, come detto, ieri sono stati chiamati – rappresentati dall’avvocato Radaelli – di fronte al giudice di Como che, sempre in Abbreviato, da deciso di assolvere tutti «perché il fatto non sussiste».
Quella di ieri è la seconda sentenza – recente – destinata a far discutere proprio nell’ambito delle azioni di estrema destra. Solo a marzo, il Tribunale di Milano aveva infatti assolto i 13 skinheads che il 28 novembre 2017 avevano fatto irruzione nel corso di una riunione di “Como Senza Frontiere” in cui il tema era l’accoglienza dei migranti. L’Appello aveva ribaltato la sentenza assolvendo tutti dall’accusa di violenza privata anche in quel caso con la formula del «perché il fatto non sussiste».
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